Matteo Messina Denaro, i suoi stretti rapporti con la 'ndrangheta e i periodi di latitanza in Calabria
La vita di Matteo Messina Denaro volge al termine. Oramai in coma irreversibile e con l'alimentazione sospesa per decisione dei medici che lo hanno in cura il suo destino può considerarsi compiuto.
Una vita, quella di Matteo Messina Denaro, che ha dell'incredibile. Ben tre decenni di latitanza che si è conclusa solo perchè come lui stesso ha sostenuto "malato in forma grave".
Tanti i misteri e i segreti che porterà per sempre con sè. Tanti anche i segreti su come abbia potuto rimanere per 30 anni uccel di bosco essendo il ricercato n.1 d'Italia.
Tante le connivenze, gli agganci e le protezioni che gli hanno consentito tutto ciò. E fra i suoi periodi e luoghi di latitanza non poteva mancare la Calabria con i consolidati rapporti fra alcune famiglie di 'ndrangheta e la mafia siciliana.
Tante le inchieste, le informative, le segnalazioni anonime e le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia che comproverebbero gli antichi e solidi rapporti di Matteo Messina Denaro, l'ex primula rossa con la 'ndrangheta.
Tante le inchieste che coinvolgono l'ultimo boss della stagione stragista con accadimenti avvenuti in Calabria.
In primis l'omicidio del giudice Antonino Scopelliti che fu ucciso il 9 agosto 1991, mentre era in vacanza in Calabria, sua terra d'origine, in località Piale (frazione di Villa San Giovanni, sulla strada provinciale tra Villa San Giovanni e Campo Calabro).
Il giudice Antonino Scopelliti
Omicidio eseguito da sicari della 'ndrangheta per ordine dei siciliani, fra i quali si presume, secondo l'accusa, anche Matteo Messina Denaro.
Numerose le indagini condotte dalla Dda di Catanzaro e di quella di Reggio Calabria in merito ai rapporti fra Matteo Messina Denaro e noti esponenti di 'ndrangheta.
Si presume che alcuni emissari di Totò Riina acquistarono a Mendicino, alle porte di Cosenza, alcuni appartamenti proprio da destinare ad un periodo di latitanza del boss di Castelvetrano.
Lo affermarono alcuni pentiti ed effettivamente due appartamenti vennero sequestrate nell'ambito di un maxisequestro di beni intestati e gestiti ad alcuni fiancheggiatori del boss in una maxi inchiesta condotta dalla Dda di Palermo.
Venne sequestrato in una banca con sede a Mendicino un conto corrente sospetto che si presumeva fosse utilizzato per coprire le spese per la latitanza.
Si registrò anche una grande operazione di polizia con elicotteri e squadre speciali ad Amantea.
Operazione nella quale si disse ma non venne mai confermato ufficialmente, si sperava di prendere la primula inafferrabile.
E si disse anche che il presunto covo era stato abbandonato solo qualche giorno prima.
Chissà, forse per opera di qualche servizio segreto deviato o qualche talpa nelle istituzioni.
Inoltre si presume che vi siano stati dei periodi di latitanza oltre che in provincia di Cosenza anche in provincia di Crotone.

