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Il Professore Bozzo ci ha lasciati! Se ne è andato qualche giorno fa, all'età di 101 anni, proprio in prossimità dell'equinozio d'Autunno, che indica il momento della passaggio e del "forte volere". Ed il professore Bozzo è stato un uomo dal "forte volere". Io l'ho incontrato, sulla mia strada di "scolaro", in quinta elementare, nel lontano primo ottobre del 1957.  Lo conoscevo di fama, per il suo rigore, per la sua serietà e per il suo prestigio d'insegnante, ma non avevo ancora avuto l'opportunità di averlo come maestro.  Mi avviai, allora, ad affrontare quell'ultimo anno con un certo senso di soggezione, ma appena ci trovammo l'uno di fronte all'altro fu subito simpatia ed affetto reciproco. Mi nominò capoclasse e mi volle al primo banco a fianco del più bravo della classe. Fu un anno bellissimo, un anno di conquiste e di successi. Ricordo di aver fatto anche un bell'esame di ammissione alla scuola media. Di questo e d'altro non finirò mai di essergli grato perché, in fondo, gran parte del merito fu suo. E non solo per i successi scolastici, ma anche per i valori cui mi educò e mi indirizzò. Per me e per i miei compagni, infatti, è stato non solo un bravissimo insegnante, ma anche e soprattutto un ottimo maestro di vita. In quel tempo difficile di fine anni cinquanta, se non ci siamo persi, in buona parte, lo dobbiamo a lui, ai suoi insegnamenti e ai sani principi che seppe testimoniarci e comunicarci. La scuola ed i suoi allievi, per lui, erano importanti quanto la sua famiglia. Tante generazioni di ragazzi hanno avuto il privilegio di averlo come proprio maestro. Quando mi sono laureato, in un tardo pomeriggio di novembre di tanti anni fa, la mia prima telefonata è stata per i miei, la seconda per lui, che l'ha accolta con tanta gioia quasi fosse la laurea d'un figlio. Sento tanta gratitudine e tanto affetto per lui e, ancor più, me ne rendo conto oggi che non c'è più! Gli devo veramente tanto! Mi ha sempre voluto tanto bene, come del resto a tutti i propri alunni. Anche io ho avuto ed ho per lui tanto affetto, ma non più di quanto ne ha avuto e ne ha lui per me, forse perché l'affetto degli allievi per il proprio maestro non è mai pari a quello che il maestro ha avuto ed ha per loro.  Il professore Bozzo, professore lo chiamavamo noi tutti, persona onesta e retta, a mio giudizio è stato il perfetto esempio del "buon cittadino" di pariniana memoria. "Buon cittadino, - scriveva il Parini nell'Ode "La Caduta" – al segno / Dove natura e i primi / Casi ordinar, lo ingegno / Guida così, che lui la patria estimi". E come il "buon cittadino" del Parini egli ha indirizzato il proprio ingegno verso il bene del proprio prossimo  meritando la stima della propria terra e della propria comunità. Fu Consigliere ed Assessore al Comune di Dipignano e lavorò con grande impegno, con tanta buona volontà e con intelligenza per il bene del paese. Fu anche uomo di partito, ma mai di parte. Per lui, infatti, l'esponente d'un altro partito politico non era mai un avversario, bensì l'interlocutore privilegiato con cui confrontarsi e dialogare serenamente. Nel corso della propria esistenza ha dovuto affrontare anche la prova più dura ed atroce che ad un uomo possa toccare, la morte d'un figlio. E lui l'ha vissuta con tanta sofferenza, ma altresì con tanta forza e con cristiana speranza, sapendo che un giorno l'avrebbe riabbracciato. Ed oggi padre e figlio sono di nuovo insieme, per sempre, l'uno a fianco dell'altro. Il prof. Bozzo non c'è più, ha concluso la propria missione terrena e si è avviato, con la serenità dei giusti, sui sentieri d'una nuova vita, quella vera, la vita eterna. Oggi  non è più fra noi, ma di certo è e resterà sempre presente e vivo nei  cuori di noi tutti perché è stato un'anima bella e le anime belle non muiono mai!

Eugenio Maria Gallo

Si cercava disperatamente un parcheggio fra i pochi disponibili vicino alla Piazza per stare in auto in cinque o sei per ascoltare la musica "in" del tempo, i Deep Purple, i Genesis, gli Who, i Dire Streats, Neil Young, solo per citare alcuni dei mitici gruppi degli anni settanta con la loro musica rivoluzionaria, con la loro musica anticonformista, in quel grande sogno che era quello di cambiare il mondo, di distruggere tutto, di vivere nelle libertà e di abrogare ogni limite ed ogni remora del tempo. Questa era la gioventù cosentina del tempo, questi erano i "guaglioni i Piazza Kennedy", i figli di papà di una borghesia benestante che godeva di un boom economico figlio anche di una politica che in quegli anni a Cosenza aveva un peso e che riusciva anche a "sistemare" chi vantava agganci con i Riccardo Misasi, i Florindo Antoniozzi, i Cecchino Principe, i Giacomo Mancini.
Altri tempi, tempi di chiamate in massa ai Beni culturali con la cooperative fatte da Antoniozzi, dei posti alla Cassa di Risparmio per chiamata diretta, delle assunzioni con false invalidità per i posti riservati agli invalidi per chiamata diretta negli uffici cosentini dipendenti da vari ministeri. Anni in cui anche i ragazzi dei quartieri popolari volevano i mitici camperos, le fiammanti Golf Gti, e per avere gli oggetti del desiderio, del superfluo e del lusso, non esitavano ad entrare nel "giro", ragazzi diciottenni, ventenni, e molti di loro pagarono con la vita lo loro folle scelta. Solo nel 1981 furono diciannove i morti ammazzati a Cosenza nella prima guerra di 'ndrangheta. E quanti di questi, oggi chi pentito, chi morto, chi in galera, frequentava Piazza Kennedy.
Quanti facevano a gara per avere la moto più bella. Il Kawasaky Gpz 1300 sei cilindri, il Vespone con gli adesivi sulle scocche di Marilyn Monroe. Si parlava di moto da cross, il Villa, il Ktm, il Simonini, l'Swm, le Honda, le moto di enduro, le moto Fantic da trial, ed erano sempre gli stessi ad avere una, due, tre moto, a partecipare alle gare di motocross, a ritrovarsi i primi di settembre al bar "Leonetti" di Camigliatello o nei mesi estivi al "Castello" di Sangineto, al Clubbino di Diamante, al Tortuga di Cittadella o al Moana di Tortora. Ma il più "in" di tutti i locali della costa, per il quale si partiva con le moto, i "Vesponi, le "Cagiva", i Kawasaky 1300 sei cilindri, le Honde 600 Cb, le Yamaha Xt 500, anche d'inverno da Piazza Kennedy, erano le indimenticabili "Le Caravelle".
Il locale che fece la storia dei figli di papà di Piazza Kennedy dei mitici anni '80, gli anni del Boom economico, gli anni dove i soldi giravano a fiumi, gli anni della "Milano da Bere", gli anni degli "Yuppes" in Ferrari. Quante liti furiose alla "Caravelle", quante risse dove ognuno partecipava per non dimostrare alla comitiva di avere paura o di essere fifone. Quanta incoscienza, quanta speranza nel futuro, Quante volte ci si fermava ad ammirare Willy Valentini, il re della moda cosentina degli anni settanta e dei primi anni ottanta che posteggiava la sua Rolls Roice, comprata a Milano da Achilli Motors, la concessionaria più "in" del Paese, con le iniziali incastonate di brillanti e incollate sulla portiera, per come era la moda di quegli anni, per andare a bere uno dei formidabili aperitivi del bar "Manna" accompagnato sempre da qualche biondona mozzafiato.
Una grande voglia di vivere, di divertirsi, le grandi comitive, i gruppi delle gite in moto, la scampagnate al mare, le corse in Sila. Questi erano i mitici anni ottanta, questi erano i guaglioni di Piazza Kennedy che ballavano alle Caravelle con la disco - music che impazzava, con Le Chic Le Freak, con Gloria Gainor. Anni irripetibili che rimarranno sempre nel cuore e nell'anima dei cinquantenni di oggi, i ragazzi di allora. Anni che non ritorneranno più e che erano anni - luce distanti dagli anni senza gioia, senza glamour e senza anima che sono quelli che viviamo oggi, senza sogni e senza alcuna voglia di voler cambiare il mondo, senza la grande utopia della rivoluzione. Ed è meglio vivere con l'illusione dell'utopia che con l'amarezza della realtà. Meglio morire con l'illusione di una grande idea, della rivoluzione, che vivere una vita intera da pecora, rassegnato e senza speranza, senza l'illusione di una grande sogno, anche di quelli che non si realizzeranno mai. Meglio morire con l'illusione che l'isola che non c'è, possa, invece, esserci nell'idea di chi inguaribilmente preferisce vivere nel sogno e nell'utopia anche se, in fondo in fondo, è, forse consapevole che la realtà non cambierà mai.

Gianfranco Bonofiglio

Lo stile degli abiti da sposa e l'arte dei gioielli di Claudio Greco in uno spettacolo unico in Italia. Si è tenuto il 4 agosto lo spettacolo-evento, primo in Italia, con una location d'eccezione: il più grande peschereccio del Meridione,il Maria Margherita, capitanato da Domenico Zolle e dai suoi 15 uomini. Una sfilata di abiti da sposa, ricreati da tessuti degli anni ’70 ed impreziositi dell'arte nei gioielli di Gerardo Sacco, in collaborazione con la gioielleria Scintille Montesanto. Un evento unico, reso possibile dall’amministrazione comunale di Cariati, nella persona del Sindaco Filomena Greco, ma anche di tutti i cittadini che hanno contribuito all'ottima realizzazione dello spettacolo, verso i quali va il ringraziamento dello stilista. "Sono emozionatissimo, è stato anche molto più bello di quanto mi aspettassi, perché ho sentito il calore del popolo di Cariati - ha dichiarato Greco – tengo a ringraziare anche il Comandante della Guardia Costiera di Cariati e la splendida modella e influencer Bina Forciniti" .

 

A dare il via all'evento è stato proprio il fashion designer, che a bordo di una scialuppa e mascherato da Dio Nettuno, ha raggiunto le sue modelle e l’equipaggio dando così inizio alla sfilata, accompagnata dai tipici dolci di Cariati e dagli inconfondibili liquori “Calabro” di Roberto Maiorano. Tra gli applausi del pubblico presente, a far brillare il Mar Ionio sono stati stile e arte del made in Calabria.
Redazione

Nella cornice naturalistica di una perla del nostro Mare Jonio si erge la bellissima e rinomata, tra i più importanti ed autentici borghi d’Italia, città delle rose: Roseto Capo Spulico. Anche quest’anno  l’Amministrazione Comunale con in capo il primo cittadino, l’Avv. Rosanna Mazzia e la sua lungimirante compagine vuole dedicare un ampio spazio all’arte contemporanea, aprendo per la seconda volta consecutiva le porte dell’Antico Granaio alle esposizioni dei più rappresentativi artisti della terra di Calabria e non. Infatti, il progetto “Collettivo.20” in cui viene inserito il percorso artistico “Coincidenza temporanea” è stato affidato alle mani esperte, altamente performative e concretamente competenti del Dott. Gianluca Covelli, storico e critico d’arte nonché docente di Storia dell’Arte c/o l’Accademia Fidia di Stefanacoli (VV). Va da sé che, risulterebbe alquanto ridondante volere stendere delle lodi sulle pregresse esperienze lavorative e pubblicazioni a cui ed in cui il Dott. Covelli si è visto coinvolto, basti solo pensare alla consulenza esterna profusa per i Musei Rendesi, alla stretta e dinamica collaborazione con la Prof.ssa Gisella Gellini, docente di Light Art del Politecnico di Milano e tra le ultime, non per importanza, ma per temporalità, alla direzione proficua del museo MAE del comune di Zumpano e al suo stretto coordinamento delle attività artistiche messe in campo dalla stessa Amministrazione  così come per molte altre precedenti occasioni per ciò che attiene l’Amministrazione Comunale Rosetana nonché con La Nuova Pesa di Roma – mostra “Sketch – Segni contemporanei” (2020).  “Collettivo.20” “Coincidenza temporanea”, titolo della mostra, quale che ne sia il moto propulsore a cui si è ispirato il qualificato progettista e curatore, esso produce nella mente di chi legge un rimando ad un argonauta che nella ricerca del “Vello d’oro”, viaggia, attraverso la lettura delle “scritture visive” in mondi temporanei in cui spesso ormeggia la sua barca. E’ in quel quid statico e dinamico ad un tempo, che frantuma le tumultuose emozioni, le degusta per associazioni poi magari le rigetta, forse, per ricomporle in un insieme diverso da quello che è stato il suo primordiale “sentire” e le racchiude in quell’angolo intimistico in cui il proprio Sé è diverso dall’altro. Il fruitore procede senza sosta, ha la necessità di focalizzare l’attenzione verso segni diversi ma sempre più vicini al proprio percepire, lo stato di spaesamento è momentaneo perché la co/Incidenza di cromie, di scontornate immagini, di apparenti scorci di realtà, lo riportano in quello stato di comfort da cui non ne palesa minimamente l’uscita. A coronamento del suo stato di benessere, si realizza davanti ai suoi occhi, come per magia, l’apparizione concreta di una perfomer, Carla De Bellis, che, sotto le note di una melodiosa musica e di calibrate rime, si muove leggiadra come una libellula a volere imprimere fortemente nella memoria la Eco di quel che la spinge da “Nel buio dello specchio” – installazione di Maria Credidio – ad immortalare quegli istanti in cui lo spazio e il tempo sono entrambi annullati. Sarà probabilmente un rituale scaramantico in cui l’eterna disputa tra Eros e Thanatos voglia volgere verso la fine? E’ la riaffermazione e la riappropriazione di uno Nuovo e più Umano sentire contro i mali e contro il Male? Ecco l’arte contemporanea nell’insieme delle sue espressioni che non dipana la matassa ma si pone dei punti di domanda che nella sua interezza produce quegli stati di tensione atti a predire, a dire, a confutare, a sollevare l’eternità del tempo e dei tempi.  Nella suggestiva location ai piedi del Castrum Petrae Roseti, si potranno ammirare le opere di artisti del calibro di Salvatore Anelli, Francesco Correggia, Maria Credidio, Danilo De Mitri, Giulio De Mitri, Epeo, Paola Favoino, Ivana Ferraro, Franco Flaccavento, Luigi Magli, Max Marra, Assunta Mollo, Giuseppe Negro, Fabio Nicotera, Rocco Pangaro, Vincenzo Paonessa, Tarcisio Pingitore, Antonio Pujia Veneziano, Emilio Servolino, Maria Teresa Sorbara, Ernesto Spina, Giovanni Vatrella. L’inaugurazione della mostra è in programma da Domenica 9 Agosto p.v. alle ore 19.30 nell’Antico Granaio al 12 Settembre 2020 sul Lungomare di Roseto Capo Spulico, alla presenza del Sindaco Rosanna Mazzia, della Delegata alla Cultura, Lucia Musumeci, e del curatore Gianluca Covelli, e sarà aperta al pubblico dal lunedì al venerdì, la mattina 10:00 – 14:00, il pomeriggio 16:00 – 21:00 e nei weekend fino alle 24.00. La partecipazione è gratuita.

Ivana Ferraro

Prosegue in luglio il calo dell’audience dei siti di informazione rispetto al clou dell’emergenza coronavirus, quando la fame di notizie era massima, a cui si somma il rallentamento del traffico tipico del periodo estivo. Nella settimana tra il 13 e il 19 luglio due terzi dei brand della nostra classifica, basata sulle rilevazioni di Audiweb Week, vedono diminuire i propri utenti unici nelle pagine testuali e lo stesso andamento si riscontra anche per i contenuti video (vedi l’ultima colonna della tabella) 

Il calo riguarda in particolare i brand della categoria ‘current event & global news’, vale a dire i giornali online generalisti, con alcune significative eccezioni: diverse testate locali del centro sud (Il Centro, la Gazzetta del Sud, il Corriere Adriatico, Il Corriere dell’Umbria, La Sicilia, Il Giornale di Sicilia) sono cresciute tra il 7 e il 40%; Affaritaliani, il quotidiano online diretto da Angelo Maria Perrino, ha fatto un +48%; il Nuovo Quotidiano di Puglia addirittura un +201%.

Articolo scritto da Claudio Cazzola

Fonte: primaonline.it

 

Un dialogo interrotto di mute e rumorose parole in cui la stessa essenza non risiede nella loro manifestazione più comune, ma in quella semantica delle emozioni che a soli pochi eletti è dato da proferire. Brevi sussulti ed entusiasmanti connessioni interneuronali che spingono all’agitato trasporto dello stato di tensione dell’artista all’artista, in un vago ed edulcorato palato di sensazioni troppo stimolate per renderle fino in fondo leggermente fruibili, non perché l’artista volutamente provochi nel fruitore ordine compiuto del suo entropico fare arte, tutt’altro perché l’Artista è Arte. Quali che siano le supposte ipotesi ermeneutiche di rimando a periodi storici, politici, sociali ben precisi l’Artista resta nel hic et nunc , quindi nell’immanenza senza far torto ad un tempo, quale che esso sia, sospeso, non inglobato in categorie preconfezionate, predefinite. Maria Credidio, con la sua mostra, non è esente da questi postulati. Lei ne percepisce l’aura forte e la propone senza audace supponenza, attraverso linearità vibranti quasi a voler ricomporre le corde di uno strumento musicale che ti conduce in una dolce ninna nanna a cui affidare l’attività onirica del fruitore. Si potrebbe ipotizzare, quale che ne sia la forma sulla quale le linee si rappresentano, così come i punti di continuità, che l’autrice intimamente, chieda di continuare l’orchestrazione della sinfonia. L’elemento monocromatico è, quindi, in diretta correlazione con l’acromia, ne funge da luce di superficie in cui incide le note, la cui la temporalità non viene scandita e non viene percepita, ma celatamente marcata da spazialità fisiche entro cui perdersi e ritrovarsi subliminandone una spiritualità profonda. Quest’ultima appartiene in maniera sinestetica, cui l’autrice già in passato ne ha superbamente costruito lodevoli percorsi artistici, alle stesura dell’elemento “cereo” che senza artificiosità, resta intatto sia nella cromia come nell’odore così come viene dalla natura creato. Ecco dipanarsi il “fil rouge” di questo percorso immortalato nei luoghi deputati per eccellenza alla consacrazione dell’arte sacra: un’osmosi contemporanea perfetta di valori universali verso l’assunzione di un’elevata spiritualità, a cui l’artista Maria Credidio resta, da sempre, fedele. L’invito è di visitare la mostra, grazie

Ivana Ferraro  

Poco più di un anno dopo la pubblicazione di “Studi di Intelligence. Una visione sul futuro” (2019, edito da Rubbettino), da un’idea di alcuni dei ricercatori del Laboratorio di Intelligence dell’Università della Calabria nasce “Studi di Intelligence. Analisi sugli effetti della pandemia”, ricerca a più mani pubblicata per il portale editoriale della Società Italiana dell’Intelligence, associazione scientifica che promuovere la cultura e lo studio dell'intelligence in Italia. Il corposo saggio raccoglie diverse riflessioni sul delicato momento storico che stiamo vivendo, con uno sguardo alle prospettive future nei settori nevralgici della società. Un volume nato nella pandemia, sugli effetti della pandemia. L’opera collettanea - la cui prefazione è stata curata da Tito Lucrezio Rizzo, già Consigliere titolare dell’Organo Centrale di Sicurezza della Presidenza della Repubblica, e l’introduzione redatta da Mario Caligiuri, presidente della Società Italiana di Intelligence e direttore del Master di II livello in Intelligence dell’Università della Calabria – contiene saggi sulla crisi economica e sanitaria (a cura di Roberta Calderazzo), sulle ricadute dell’emergenza sanitaria nel contesto penitenziario (di Christian Costantino), sugli effetti della pandemia sul crimine organizzato (Giovanni Gambino), sulle profonde ricadute economiche dell’emergenza (Carmelo Idà), sulle implicazioni del lock-down nello sport e nel calcio italiano (Andreina Morrone), sulle conseguenze della pandemia sui social network con il contagio della disinformazione (Antonio Sapio) e sulle questioni legate alla privacy e alla comunicazione dei dati personali al tempo del Coronavirus (Alessandra Speranza). Analizzando informazioni da fonti aperte e documenti ufficiali prodotti da entità governative e sovranazionali, da centri studi e istituti statistici, gli autori hanno studiato, ciascuno per il proprio ambito, aspetti rilevanti della condizione socio-economica del nostro Paese in questo difficilissimo momento, soffermandosi su alcune tematiche in particolare e con uno sguardo rivolto anche al contesto internazionale. Infine, come si legge nell’introduzione curata dal professor Mario Caligiuri «gli studi presentati in questa pubblicazione costituiscono un contributo utile dal punto di vista scientifico e culturale alla comprensione di fenomeni decisivi, analizzati attraverso la chiave di volta dell’intelligence che è il campo di battaglia dove si vince o si perde la guerra del futuro».

Redazione

Editoriale del Direttore