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Il Procuratore Nicola Gratteri ad un convegno

Nel 1992 esponenti di primo piano della mafia siciliana mandati da Totò Riina si incontrarono con i vertici della 'ndrangheta chiedendo alla stessa di partecipare al periodo dello stragismo contro lo Stato. La 'ndrangheta non accettò essendo consapevole che lo scontro con la Stato è perdente. Si vince, invece, entrando nello Stato con i servitori infedeli e con i colletti bianchi. Tale strategia ha consentito all'organizzazione criminale calabrese di divenire la più potente sul territorio nazionale e di trasformarsi in una grande multinazionale del crimine con interessi in ogni parte del Pianeta, dall'Australia al Canada, dai paesi africani controllando le tante miniere di coltan, diamanti e oro alla Germania. Gli ha consentito di essere la fiduciaria internazionale dei Paesi produttori di cocaina del Sud America, Messico e Colombia in primis. Tale ascesa ha arginato l'utilizzo della violenza estrema come quella, invece, manifestata dai corleonesi con la morte di Falcone e Borsellino. La 'ndrangheta ha altri strumenti per arginare l'azione della magistratura. Utilizza gli strumenti della diffamazione, dello screditamento, del dubbio. Ed è quello che si registra negli ultimi tempi con il Procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, magistrato impegnato in prima linea rischiando la propria vita e vivendo con la scorta h24, nella lotta alle famiglie di 'ndrangheta. Ma nonostante tutto vi è chi lo accusa di protagonismo, di eccessivo giustizialismo, di propensione agli arresti. Il maxiprocesso in corso a Lamezia, denominato Rinascita Scott, che per i suoi numeri è paragonabile solo al Maxiprocesso di Palermo condotto da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, non sembra appassionare  molto i calabresi. Anzi, tutt'altro. Non paragonabile a l'entusiasmo e al consenso sociale e culturale che invece la Palermo e la Sicilia di chi voleva cambiare riservò al Maxiprocesso alla mafia. Del resto certamente la Calabria non è paragonabile alla Sicilia. In Calabria non esistono gli anticorpi per un vero impegno di antimafia sociale. Il "Sistema" calabrese gode di un forte consenso popolare, figlio di una cultura dominante del voto di scambio e dell'illegalità diffusa ed ambientale quale modello sociale di esistenza e di sopravvivenza. Oggi è doveroso per coloro i quali credono che un giorno anche in Calabria possa germogliare una "Primavera" della legalità schierarsi apertamente con l'azione e l'impegno di Nicola Gratteri, pur essendo consapevoli che tale scelta è una scelta di minoranza e di sofferenza. Come è una scelta di emarginazione, sofferenza, esclusione e isolamento vivere con dei valori di onestà e di osservanza delle leggi e delle regole in una società dove è vincente chi calpesta le regole e chi, protetto dal "Sistema" senza alcun merito giunge ai posti di vertice e comando in tutti i settori dell'umana attività. Una scelta difficile e perdente, ma comunque necessaria per coloro i quali ancora credono in alcuni valori. Una scelta di vita, costi quel che costi, soprattutto in una terra amara, ingiusta e da far West come la Calabria dove domina da sempre la legge del più forte e dove i diritti e i doveri sono solo una grande utopia. Ma, nonostante tutto, vi è ancora chi crede che si possa dare ai giovani una terra migliore. Per quei sempre più pochi giovani che decidono di rimanere in Calabria. Credendo, forse da illusi, all'isola che non c'è.
Gianfranco Bonofiglio

Editoriale del Direttore