La Confraternita dell’Immacolata di San Sisto dei Valdesi del Comune di San Vincenzo La Costa, appartenente alla Diocesi di Cosenza - Bisignano, guidata dalla Priora Concetta Serpe, si è trovata a Roma in pellegrinaggio per celebrare il “Giubileo delle Confraternite del mondo. ( nella foto in apertura la Priora Concetta Serpe con altri confratelli ).
Facevano pure parte della stessa diocesi la Confraternita SS della Misericordia di San Martino di Finita e la Confraternita Del Rosario di Cerisano, disperdendosi tra le migliaia di confratelli e consorelle riempiendo di colori con i loro abiti e gonfaloni le vie della Capitale prima e di piazza San Pietro poi.
Per le Confraternite partecipanti è stata una felice coincidenza in quanto nella giornata di domenica 18 maggio hanno potuto partecipare alla celebrazione eucaristica per l’inizio del ministero Petrino di Papa Leone XIV.
“Celebrare il Giubileo – ci ha detto la Priora Concetta Serpe della confraternita dell’Immacolata di San Sisto dei Valdesi - è dono di grazia.
Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia di Dio che ci aspetta e ci accoglie.
Roma, un momento festoso del Giubileo delle Confraternite del 18 maggio scorso a San Pietro
Vivere questa esperienza di fede in un giorno solenne quale l'insediamento sulla cattedra di Pietro di Papa Leone XIV non si hanno parole, ma solo emozioni incommensurabili.
La stanchezza del cammino, le poche ore di sonno, le lunghe attese, le file interminabili e le tante ore in piedi sotto il sole non sono state un sacrificio, ma un dono inestimabile della provvidenza di Dio arricchito dai pensieri dell’Omelia pronunciata dal Papa in quei frangenti”.
“Ma ciò che ricordiamo con maggiore intensità sono l’emozione di vedere Leone XIV passarci vicino con la sua papamobile e raccogliere tanto entusiasmo che vedi e senti nelle persone e nella folla che ti circonda ed avverti di essere comunità viva, di essere chiesa costruttore di ponti, fratellanza e pace nella socialità e nel mondo.
Ricordi ancora le parole della sua omelia pronunciata in quel giorno a quella folla dandoti una sensazione di vivere l’esperienza di Gesù che parla alla folla per ascoltarlo nel “discorso della montagna”.
Vedi di fronte uomini e donne seduti nei posti riservati alle autorità del mondo e allora preghi in sintonia perché i loro cuori si predispongano per ricevere il seme dell’amore e della pace dettato dalla “Verità” ed attecchire in modo da essere tutti uniti costruttori di pace”.
“Le parole di Papa Leone XIV - ha concluso la priora della Confraternita della Immacolata di San Sisto dei Valdesi, Concetta Serpe - che ci portiamo con noi da ora in avanti saranno custoditi nello scrigno dei nostri cuori per farne testimonianza attiva durante il percorso della nostra vita”.
Alcuni passaggi dell’Omelia di Papa Leone XIV - “La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36).
Proprio nel giorno di Pasqua abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando e disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia. Amore e unita: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte.
Roma, Il Giubileo delle Confraternite del 18 maggio scorso
Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge.
Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo.
Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità.
Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unita e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità.
Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno.
E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo ne sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perchè si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa e l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi e il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi”.
Franco Bartucci