Per le pagine de lavocecosentina.it ho già trattato ampiamente il pensiero ed il ricordo della figura del primo rettore dell’Università della Calabria, prof. Beniamino Andreatta, prendendo spunto da un ricordo fatto dall’attuale rettore, prof. Nicola Leone, nel diciottesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta a Bologna il 26 marzo 2007.
Questa ricorrenza e il documento del rettore Leone cadono guarda caso nel momento in cui la città di Rende è chiamata ad eleggere il nuovo sindaco, dopo i due anni di commissariamento.
Come noto ci sono cinque candidati, dei quali abbiamo sentito e letto sui giornali alcuni spunti dei loro programmi e tutti hanno avuto pensieri di riferimento alla presenza dell’Università nel territorio rendese senza, comunque, avere la giusta conoscenza delle sue dimensioni scientifiche, culturali, sociali e strutturali, tranne qualcosa in più è stata detta dall’on. Sandro Principe, che ben la conosce per come è nata e si è sviluppata, tanto da proporre nel suo programma la nomina di un apposito delegato che curi il rapporto tra l’Università ed il Comune.
Ma anche lui parlando del progetto della città unica, respinta dal referendum regionale, rientra nella tutela e difesa dell’identità storica e territoriale della sua Rende, dimenticando che il disegno ed il progetto dell’UniCal, approvato storicamente dall’allora sindaco Francesco Principe nell’estate del 1971 cadeva nei territori comunali di Rende e Montalto Uffugo, tanto che il Rettore Beniamino Andreatta ha sempre auspicato ed invocato la creazione di un’unica area urbana tra Rende e Montalto prospettando l’idea costitutiva della “Grande Cosenza”. La sua realizzazione porrebbe una condizione essenziale nel realizzare il percorso dell’Alta Velocità sull’idea progettuale del tracciato interno Praia/Tarsia/Cosenza/Lamezia e non quella lungo la fascia tirrenica.
Se nel suo programma Sandro Principe insiste sulla realizzazione dello svincolo autostradale della Salerno/Reggio Calabria in località Settimo, a poco meno di trecento metri è prevista da Ferrovie dello Stato una stazione ferroviaria sull’asse Sibari/Cosenza/Paola, proprio in località Settimo di Montalto Uffugo, al “Servizio del campus universitario di Rende”. Così recita la relazione tecnica allegata dall’agenzia alla documentazione predisposta ed inviata all’Unione Europea per l’approvazione dell’appalto dei lavori del raddoppio della galleria Santomarco sul tracciato Sibari/Paola/Cosenza, utilizzato da quasi cinque anni dal treno di Alta Velocità Frecciargento Sibari/Paola/Bolzano.
Questo mi fa risalire al progetto storico dell’Università della Calabria che prevedeva proprio a Settimo di Montalto Uffugo una stazione ferroviaria quale incrocio dell’asse attrezzato, denominato “Ponte Bucci”, che portava il Rettore Beniamino Andreatta ad invocare per essa la costituzione di un’area urbana unica tra i due comuni di Rende E Montalto necessaria a creare la “Grande Cosenza”, nuova città di riferimento della media Valle del Crati, aperta al Mediterraneo, con collegamenti stradali, autostrada, ferroviari e con un sistema di metropolitana veloce avendo come riferimento l’incrocio di Settimo di Montalto Uffugo.
Università della Calabria
Questa mia analisi vale per il nuovo Rettore che sarà chiamato a gestire l’Università della Calabria nei prossimi sei anni, che si deve imporre come grande mediatore, e vale per i candidati sindaci del Comune di Rende, dalla cui competizione elettorale dovrà uscire il nuovo Sindaco, che rimarrà in carica per cinque anni un anno in meno del nono rettore dell’Ateneo. E’ una analisi che ci porta dentro il Pensiero del Rettore Beniamino Andreatta per completare, attraverso un rapporto permanente tra le due istituzioni, il progetto dell’Università rimasto bloccato fin dal 2007 sulle colline di contrada Vermicelli e contrada Rocchi.
Completare l’Università secondo gli elaborati dei progetti Gregotti e Martensson deve essere l’obiettivo principale e guida per il loro mandato di cinque (sindaco) e sei anni (rettore) futuri, chiedendo aiuto ai fondi del PNRR che sta per giungere al termine tenendo conto, comunque, di quanto apparso nei giorni scorsi sugli organi di stampa che hanno riferito nei titoli: “Pnrr, la Calabria è ultima per spesa e indietro soprattutto per la misura infrastrutturale”. Perché non mettersi all’opera percorrendo la stessa strada che seguì il titolare della concessione di realizzazione dell’UniCal, Aldo Bonifati, che tra il 1997/1998 individuò mille miliardi sui fondi strutturali assegnati alla Calabria e non utilizzati, facendosene assegnare dall’UE ben seicento miliardi di lire, che finirono, come noto, per essere successivamente depennati a seguito di una intensa campagna mediatica nazionale e locale avversa partita da città dei Bruzi?
Fu quell’atteggiamento di campagna contraria un grande tradimento perpetrato a danno dell’opera e del lavoro profuso dai padri fondatori lasciandoci un’opera, come appare dai suoi disegni ed elaborati tecnici, che avrebbe dovuto costituire un vero volano di sviluppo per la società calabrese; mentre come vediamo oggi è rimasta tronca a simbolo dell’abbandono e della incapacità politica, come anche accademica, nel non credere alle sue potenzialità effettive finali.
“Sono disposto ad occuparmi dell’Università calabra – disse Andreatta in quell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Resto del Carlino” di Bologna - soltanto se esistono le condizioni obiettive perché si possa mettere l’Università stessa in grado di funzionare. E la riserva vale non soltanto per vincere il ciclo vizioso delle delusioni del Mezzogiorno, determinato dall’impressione che le cose non si facciano, ma anche perché se l’Università viene fatta rapidamente è possibile determinare una situazione in cui le iniziative industriali e di ricerca possano partire contemporaneamente all’Università. E la cosa è importantissima. Vari imprenditori, infatti, sono disposti a far sorgere loro impianti vicino all’Università. Se ci sarà l’Università! Scienza e industria, ormai, procedono sulla stessa linea”.
“Personalmente ho un programma e delle scadenze – proseguì Andreatta nella sua intervista - per fare funzionare l’Università entro un periodo veramente breve. Ma tutto è condizionato dalla collaborazione delle amministrazioni e dalla possibilità di ottenere un intervento legislativo che autorizzi appunto, procedure speciali per la progettazione degli stabili e la loro costruzione. Io sono disposto a svolgere il mio lavoro soltanto se si realizzeranno queste condizioni indispensabili. Sarebbe importante, per altro, fornire alla Calabria l’esempio di un’opera attuata con mediazione e con rapidità”.
“Il prof. Andreatta – ha scritto il rettore Leone nel suo ricordo riportato in precedenza - immaginava l’UniCal come una “società veramente nuova di giovani, in una dimensione di grande libertà”. Verissimo, essendogli stato vicino nella impostazione dell’avvio della nascita dell’UniCal e collaborato, come personale amministrativo/tecnico, intensamente con altri coetanei colleghi di lavoro, come: Antonio Onofrio, Magno Clarizia, Franco Astorino, Lello Limatola, Bruna Adamo, Aldo Orrico, Carlo Verrina, Beatrice Gaudio, Wendy Zupo, Maria Broccolo, Moisè Chiodi, Lina De Rose, Angelo Bernabò, Angelo Petrone, Mario Paese, Franco Mazzulla, Pino Rende, Antonino Mandolfino (direttore amministrativo) e vari altri ancora, ne sottoscrivo il pensiero ed il valore.
L’esempio e il pensiero del Rettore Beniamino Andreatta - Ma Andreatta ha fatto altre affermazioni importantissime, dando dignità a docenti e non docenti inseriti in una comunità universitaria ed in un Campus universitario speciale ed unico in campo nazionale. A questo punto è il caso di riportare per intero la dichiarazione del rettore Andreatta appena eletto rilasciata al quotidiano bolognese: “Le grandi realizzazioni amministrative o economiche hanno un certo vantaggio a venire tardi, perché possono utilizzare tutte le esperienze della moderna tecnologia. Per l’Università calabra è lo stesso: verranno adottati nuovi metodi di insegnamento, affrontati e forse superati ardui problemi di convivenza fra generazioni portatrici di valori diversi. L’Università di Cosenza chiamerà un corpo di docenti giovani, che accettino lealmente un lavoro di pieno inserimento nell’Istituto, che accettino lealmente di portare avanti con i giovani, un discorso da cui siano tolti tutti gli elementi di prevaricazione burocratica che si sono venuti cristallizzando ovunque. Ritengo che le condizioni obiettive perché questo si verifichi, siano maggiori in un paese come la Calabria, insieme vecchio e nuovo. L’Università di Cosenza assume una funzione civile oltre che scientifica e mobilita nelle coscienze dei professori e degli studenti tutte le energie per realizzare un grande ed effettivo movimento fusivo”.
“L’impegno fondamentale – rimarcò Andreatta - è quello di considerare l’Università come un luogo di convergenza non soltanto dei giovani ma degli adulti, un luogo dove, al di là della sola formazione didattica, si sviluppi un rapporto di tipo pubblico. E’ un traguardo molto ambito. Vorrei, insomma essenzialmente questo: che l’intera società calabra e non soltanto una minima parte di essa, trovasse nell’Università un ben più profondo significato di quanto non ne abbiano avuto, finora, tutte le altre Università. Una nuova Università deve portare in sé necessariamente qualche cosa di diverso, di importante negli indirizzi”. “Ora noi dobbiamo fare – proseguì e concluse Andreatta - quello che la classe politica non ha fatto. Dobbiamo cercare di esercitare sulla situazione una forte pressione. Ripeto, se si operasse con procedure private, non ci vorrebbe più di un anno e mezzo per realizzare l’opera. L’unico vero problema resta di dover agire con procedure di una amministrazione ottocentesca, come quella italiana. A Cosenza deve sorgere una società veramente nuova di giovani, in una dimensione di grande libertà. Una cosa simile in Italia non esiste”.
Ecco chi era e cosa è stato per noi tutti Beniamino Andreatta, primo rettore storico dell’Università degli Studi della Calabria. Le sue parole ancora oggi sono freschissime e sono di una attualità straordinaria per la stessa Università di oggi, che vive nell’attesa per l’elezione del nono rettore non certamente manifestando uno spirito pregnante di libertà, ma vivendo nella riservatezza e silenzio rigoroso. Andando in giro tra i cubi e sul ponte Bucci non si vedono movimenti di fusione e voglia di parlare o manifestare dissenso quanto apprezzamento. Si continua a vivere quel clima di riservatezza vigente durante il periodo di discussione fatto nel Senato della Repubblica circa l’emendamento di proroga del mandato rettorale finito per essere ritirato. I conti non tornano facendo disperdere nel nulla quel clima che Andreatta auspicava: “L’Università di Cosenza assume una funzione civile oltre che scientifica e mobilita nelle coscienze dei professori e degli studenti tutte le energie per realizzare un grande ed effettivo movimento fusivo”.
Vado verso la conclusione di questo servizio che vuole essere un documento di verità per come ci ha raccomandato Papa Francesco a noi giornalisti nel proclamare il Giubileo della speranza. Credo che in questo momento, per creare il clima raccomandato da Andreatta, “l’UniCal deve acquisire la dimensione di grande libertà”. Occorra applicare il comma 4 dell’art. 7 dello Statuto, il quale prevede che a distanza di sei mesi dalla scadenza del mandato del rettore in carica (1° maggio) si deve insediare il Decano per gestire e preparare al meglio nella legalità, libertà, trasparenza, serenità ed equilibrio, la competizione elettorale, che dovrà portare alla elezione del nono rettore della storia dell’Università della Calabria.
Spetta infatti al Decano stabilire il calendario delle votazioni dopo la manifestazione delle candidature e i relativi incontri di confronto sui programmi che ognuno è chiamato a presentare alla comunità universitaria, che deve sentirsi libera e corresponsabile nella scelta democratica del nuovo rettore. E’ stata sempre questa la consuetudine della competizione elettorale per la scelta del nuovo Rettore nella storia dell’Università della Calabria, che sono avvenute tra i mesi di giugno/luglio, tranne nel 1981, quando il Rettore Pietro Bucci venne eletto per un secondo mandato allo scadere del 31 ottobre e questo accadde perché nelle votazioni che si svolsero nel mese di giugno 1981, alcuni ricercatori della Facoltà di Lettere e Filosofia presentarono un ricorso legale di sospensione.
Alla luce del ricordo che ha fatto l’attuale rettore della figura di Andreatta c’è una frase che attira l’attenzione dei lettori: “Beniamino Andreatta, l’uomo che scrisse il futuro dell’UniCal”. “L’eredità di Andreatta continua a vivere nei valori e nella missione del nostro ateneo e spero continuerà ad essere presente anche per i futuri rettori”. Una cosa è certa che avrebbe garantito la libertà del voto per il buon governo della stessa Università al servizio della comunità e della società di appartenenza, creando le migliori condizioni fusive dell’una con l’altra nel rispetto dell’identità umana e professionale.
Franco Bartucci