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Che la Lega sia un partito di destra con un solo leader indiscutibile e con una serie di ordini da eseguire è fatto notorio. Ma che addirittura imponga anche le regole ai suoi iscritti e dirigenti di come rapportarsi con la stampa rievoca regole di alcuni partiti del secolo scorso come il Pcus di staliniana memoria o come i partiti della destra autoritaria della metà del secolo scorso. Ovviamente vi è chi ammira tali forma di militanza politica e chi, credendo fideisticamente al "Capitano" come viene chiamato dai suoi lo stesso Salvini, sarà estremamente concorde con tali imposizioni e in una militanza di destra che santifica il capo è giusto che sia in tal modo. Ma sul piano di una valutazione democratica e libertaria è normale che vi sia qualcosa da riflettere, soprattutto sul valore della libertà di stampa. Nella lettera inviata dal commissario regionale del Carroccio, Giacomo Saccomanno, si delineano i divieti per i dirigenti leghisti di avere qualsiasi rapporto con la stampa ed il divieto assoluto di "comunicare ai giornali e ai media eventuali insofferenze o altre notizie che possano nuocere al partito". Probabilmente nascerà anche nella Lega un comitato della comunicazione che vaglierà, a giudizio insindacabile, quali siano le notizie che possano nuocere al partito, per poi provvedere alla immediata espulsione dell'iscritto o del dirigente. In tutte le storie delle dittature del Mondo la prima libertà che si sopprime è quella dell'informazione e di poter discutere all'esterno di eventuali problematiche interne al partito. In altre epoche tali direttive avrebbero creato indignazione generale ma oramai in una società in preda al caos dove alcune libertà che sono state il frutto di tanti giornalisti uccisi e caduti per il coraggio della verità vengono calpestate senza che nessuno dica nulla. L'unica voce a stigmatizzare quanto imposto nella Lega è stato il direttivo dell'Unci, unione Cronisti della Calabria. "Una lettera surreale quella che il commissario calabrese della Lega, Giacom Saccomanno, ha inviato nei giorni scorsi ai referenti provinciali del partito ai quali è stato vietato di parlare con la stampa". Si vietano inoltre, condotte  "come quella di “comunicare ai giornali e ad i media eventuali insofferenze o altre notizie che possano nuocere al partito. Sembra di essere tornati ai tempi della propaganda di regime. Premesso che gli iscritti alla Lega sono liberi di farsi imbavagliare dal proprio commissario regionale e, addirittura, di delegare a quest’ultimo il loro diritto di espressione e di parola, – prosegue il direttivo dell’Unci Calabria – i giornalisti questo non lo consentiranno per il rispetto che si deve al nostro lavoro e ai nostri lettori. Se la Lega ha dimenticato il contenuto dell’articolo 21 della Costituzione, noi lo abbiamo impresso nella nostra mente". Chissà cosa ne pensa il Governatore f.f., Nino Spirlì, che oltre ad essere leghista è anche un giornalista che almeno sinora ha sempre affermato la sacralità della libertà di stampa.
Redazione

Editoriale del Direttore