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Che la Calabria sia stata un crocevia di misteri e di trame è stato sempre risaputo ma che la Calabria sia stata anche la Regione nella quale siano stati intessuti forti legami fra esponenti della strategia della tensione degli anni settanta ed ottanta ed esponenti della criminalità calabrese è un aspetto inquietante sul quale vi sarebbe ancora molto da scrivere, considerando, che, oggi, a tanti anni di distanza, potrebbe essere utile far luce su tanti fatti caratterizzati da tanti interrogativi irrisolti.

Ed anche nella storia delle “Stragi di Stato” la Calabria si è ritagliato il suo ruolo. Il periodo per il quale storicamente viene definito quello delle stragi decorre dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 alla strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Periodo costellato da 135 morti e 550 feriti. Caratteristica di tutte le stragi è l'inquietante presenza, soprattutto nel periodo delle indagini, di apparati di Stato che risulteranno essere legati all'intelligence e la cui condotta è spesso inspiegabile e contraddittoria.
Ma la vicenda che denota il legame fra i piani golpisti e la 'ndrangheta calabrese è quella della strage di Gioia Tauro. Alle 17.10 del 22 luglio 1970, la Freccia del Sud, il direttissimo Palermo – Torino, stracolmo di tanti emigranti che dal profondo Sud arrivavano nella città della Fiat, deragliava a settecentocinquanta metri dalla stazione di Gioia Tauro mentre viaggiava a circa cento Km. orari. Per effetto del deragliamento perdono la vita sei persone delle quali cinque donne e si contano settantadue feriti, fra i quali alcuni con effetti invalidanti per il resto della loro vita.
Otto giorni prima, il 14 luglio 1970, era iniziata la rivolta di Reggio Calabria, la rivolta dei “Boia chi molla”. In un primo tempo l'evento venne addebitato ad un incidente di natura tecnica, anche se negli anni immediatamente successivi non furono in pochi i giornalisti che scrissero dell'eventualità di un vero e proprio attentato da collegare alla rivolta in atto. Solo nell'ambito del processo di mafia “Olimpia 1”, nel 1993, il pentito Giacomo Lauro, confessò al giudice Vincenzo Macrì di essere venuto a conoscenza nel 1979 che era stato Vito Silverini, neofascista, a posizionare la bomba sulle rotaie per provocare il deragliamento del treno. Si venne a conoscenza anche del ruolo che la 'ndrangheta e l destra eversiva ebbero nella rivolta di Reggio Calabria, cercando di cavalcarla, con la speranza che la stessa potesse propagarsi in tutto il sud per poi giungere alla realizzazione di un piano golpista studiato da Avanguardia Nazionale ed il Fronte nazionale del principe Junio Valerio Borghese. Si sospetta che in quel periodo fosse stato allestito nei pressi di Tropea un campo paramilitare, visitato anche da un rappresentante dei colonnelli greci. Ed in quel periodo nel mistero si incaglia un altro episodio che resterà esso stesso insoluto. La notte fra il 26 ed il 27 settembre 1970 a sessanta km. da Roma muoiono in uno strano incidente stradale cinque anarchici calabresi che, si stavano recando a Roma, per consegnare a personaggi importanti un dossier che avevano raccolto sulla rivolta di Reggio Calabria e sul deragliamento di Gioia Tauro che “conteneva notizie inquietanti” per come sostenne uno di loro qualche giorno prima di morire. Del dossier, ovviamente non si trovò mai traccia lacuna. Fra i cinque anche un giovane militante di sinistra di Cosenza, Luigi Lo Celso. Il periodo è quello relativo al tentativo di colpo di stato programmato per la notte dell'8 dicembre del 1970, il Golpe Borghese, poi misteriosamente fallito per un contrordine di ritirata giunto all'ultimo minuto. E nelle rivelazione del pentito Giacomo Lauro si evincono le gesta compiute da uomini della 'ndrangheta nel recuperare il tritolo da utilizzare in più occasioni. Ed in questo contesto va anche ascritta la condizione favorevole che permise alla famiglia dei De Stefano di Reggio Calabria di stipulare un patto con l'ambiente eversivo di destra e con ambienti dei servizi segreti deviati. I De Stefano vinsero la prima guerra di mafia che a Reggio e provincia determinò centinaia di morti. E la 'ndrangheta mise anche a disposizione uomini armati per la notte del golpe. Ancora una volta la 'ndrangheta appare nella qualità di compatecipe dei momenti più cupi della storia del nostro Paese, dimostrando comunque di avere avuto in passato, come probabilmente detiene ancora oggi, un ruolo certamente non marginale.
Ma come tutte le storie italiane per le quali vi è sempre una verità cosiddetta storica, una verità politica ed una verità giudiziaria e quando le tre verità si intersecano e, spesso si contraddicono, emerge chiaramente una sola certezza, quella che la vera ed unica verità non si saprà mai, con buona pace delle vittime e degli stessi carnefici.

G.B.


Editoriale del Direttore