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Nel pieno centro cittadino, si Via Simonetti, vi sono dei lavori di rifacimento di una parte del marciapiede che sono fermi da più mesi. In seguito alla rottura di una conduttura idrica è stato necessario per ripararla procedere a degli scavi sul piastrellato del marciapiede. Lavori di rifacimento che non sono stati completati. I lavori non completati costringono i pedoni a transitare sul manto stradale con grave rischio per la propria incolumità anche perchè Via Simonetti è caratterizzata da un continuo transito di auto di giorno e di notte. Nonostante le continua segnalazioni agli uffici preposti comunali sia da parte di commercianti della zona che di inquilini nulla si è mosso. evidentemente si attende che qualcuno possa subirne conseguenze di natura personale. Ci si augura che tale ennesima segnalazione possa sollecitare il veloce e sacrosanto intervento per ripristinare il marciapiede al più presto e eliminare il pericolo che il lavoro incompiuto rappresenta.

Redazione

Il dramma della giustizia "giusta" in Italia è un dramma irrisolto da sempre. Tanti i casi di ingiuste detenzioni, cioè di detenzioni che la stessa giustizia ha riconosciuto come ingiuste condannando lo Stato ad un rimborso nei confronti di chi subisce una simile tragedia. Quella di vivere una drammatica e scioccante esperienza di detenzione da innocente. "Persone arrestate ingiustamente, famiglie distrutte, attività lavorative andate in frantumi, ondate di fango sulle persone arrestate, e, soprattutto nessuno che paghi per gli errori commessi. Anzi, spesso chi ha sbagliato è promosso a prestigiosi incarichi".  Ad affermare ciò il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, responsabile del dipartimento giustizia del movimento berlusconiano. "Nel 2019  i casi di ingiusta detenzione sono stati 1000, per una spesa complessiva in indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione pari a 44.894.510,30 euro. Rispetto all'anno precedente, sono in deciso aumento - afferma Enrico Costa -  il numero di casi (+105) e soprattutto la spesa (+33%). Sul sito "errorigiudiziari.com"  emerge che nel 2019 il record di casi indennizzati spetta a Napoli con 129 seguita da Reggio Calabria con 120 e da Roma con 105, poi Catanzaro con 83 casi, Bari con 78 e Catania con 75. Il record della somma per indennizzi per il 2019 spetta invece a Reggio Calabria con 9.836.000 euro, seguita da Roma con 4.897.000 e Catanzaro con 4.458.000". 

Redazione

Da alcuni anni in Calabria non si registra più una qualsiasi indagine di una certa rilevanza dove non vi sia anche il presunto coinvolgimento di esponenti politici di primo piano. Ed anche nella recentissima operazione "Imponimento" coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro guidata al Procuratore capo, Nicola Gratteri, vi sono indagati alcuni amministratori locali di comuni del Catanzarese e del Vibonese come nel caso dell'ex assessore regionale della Giunta Scopelliti, Francescantonio Stillitani, e figurano anche, ennesima costante, episodi di sostegno elettorale di presunti appartenenti a clan 'ndranghetisti com nel caso dell'elezione al Senato di Giuseppe Mangialavori di Forza Italia. E' ovvio e doveroso precisare che si tratta di presunti reati tutti da dimostrare poi nelle fasi processuali. Ed in merito alle presunte collusioni fra settori della criminalità organizzata e mondo della politica il Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nella conferenza stampa tenuta per illustrare l'operazione e nel confronto con i giornalisti ha affermato che "Purtroppo è una costante: nelle indagini che stiamo facendo in procura troviamo sempre pubblici amministratori e politici, sia perché noi abbiamo alzato il tiro e il livello investigativo, sia perché  la criminalità organizzata e la ‘Ndrangheta da sole non potrebbero commettere certi reati senza il controllo di una pubblica amministrazione corrotta o collusa e di una politica collusa. Il nostro è un lavoro che durerà a lungo, cercando di convincere, anche attraverso i risultati qualitativi di oggi, che delinquere non conviene”. L'analisi del Dott. Nicola Gratteri è impeccabile ma vi è da chiedersi. In Calabria ed in particolare in alcune aree della stessa con un controllo sociale e del territorio capillare e asfissiante da parte del potere criminale è possibile prendere voti senza il rischio di collusioni. E' possibile essere eletti nelle elezioni amministrative e regionali senza essere parte integrante di un sistema politico - clientelare - amicale che inevitabilmente collima spesso anche con interessi criminali? Il voto clientelare da sempre in Calabria è frutto di controllo del territorio, di una struttura di potere che gestisce i favori, i piaceri, la sanità, i bisogni infiniti di una società assistita e di una società dove la cultura dell'illegalità impera e dove per ottenere quello che dovrebbe teoricamente essere un diritto lo si ottiene solo se ci si rivolge all'amico e all'amico degli amici. In un simile contesto è possibile fare politica ed essere impegnato concretamente nella lotta per la legalità?. Assolutamente inconciliabile la vera lotta per la legalità e la possibilità di essere eletti. A parte, ovviamente, le ipocrite e false parole di tutta la politica calabrese che, sempre a parole, è sempre contro le mafie ed è sempre dalla parte della legalità. Anche se oggi, almeno, a differenza del passato, non vi crede più nessuno. Ma fin quando non sorgerà una nuova cultura che potrà sostituire la cultura mafiosa imperante e diffusa non sarà possibile alcun cambiamento. Ed in ogni operazione giudiziaria che verrà continueranno ad esservi sempre esponenti della politica, i quali, per la gran parte, continueranno ad essere eletti o saranno sostituiti da altri apparentemente nuovi ma sempre scelti dalle famiglie di 'ndrangheta, i veri nuovi padroni della Calabria e sempre più potenti a livello planetario, essendo la stessa 'ndrangheta ormai una grande holding internazionale con capitali immensi e sempre più diffusa in ogni angolo del pianeta.

Redazione
 



Da alcuni anni in Calabria non si registra più una qualsiasi indagine di una certa rilevanza dove non vi sia anche il presunto coinvolgimento di esponenti politici di primo piano. Ed anche nella recentissima operazione "Imponimento" coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro guidata al Procuratore capo, Nicola Gratteri, vi sono indagati alcuni amministratori locali di comuni del Catanzarese e del Vibonese come nel caso dell'ex assessore regionale della Giunta Scopelliti, Francescantonio Stillitani, e figurano anche, ennesima costante, episodi di sostegno elettorale di presunti appartenenti a clan 'ndranghetisti com nel caso dell'elezione al Senato di Giuseppe Mangialavori di Forza Italia. E' ovvio e doveroso precisare che si tratta di presunti reati tutti da dimostrare poi nelle fasi processuali. Ed in merito alle presunte collusioni fra settori della criminalità organizzata e mondo della politica il Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nella conferenza stampa tenuta per illustrare l'operazione e nel confronto con i giornalisti ha affermato che "Purtroppo è una costante: nelle indagini che stiamo facendo in procura troviamo sempre pubblici amministratori e politici, sia perché noi abbiamo alzato il tiro e il livello investigativo, sia perché  la criminalità organizzata e la ‘Ndrangheta da sole non potrebbero commettere certi reati senza il controllo di una pubblica amministrazione corrotta o collusa e di una politica collusa. Il nostro è un lavoro che durerà a lungo, cercando di convincere, anche attraverso i risultati qualitativi di oggi, che delinquere non conviene”. L'analisi del Dott. Nicola Gratteri è impeccabile ma vi è da chiedersi. In Calabria ed in particolare in alcune aree della stessa con un controllo sociale e del territorio capillare e asfissiante da parte del potere criminale è possibile prendere voti senza il rischio di collusioni. E' possibile essere eletti nelle elezioni amministrative e regionali senza essere parte integrante di un sistema politico - clientelare - amicale che inevitabilmente collima spesso anche con interessi criminali? Il voto clientelare da sempre in Calabria è frutto di controllo del territorio, di una struttura di potere che gestisce i favori, i piaceri, la sanità, i bisogni infiniti di una società assistita e di una società dove la cultura dell'illegalità impera e dove per ottenere quello che dovrebbe teoricamente essere un diritto lo si ottiene solo se ci si rivolge all'amico e all'amico degli amici. In un simile contesto è possibile fare politica ed essere impegnato concretamente nella lotta per la legalità?. Assolutamente inconciliabile la vera lotta per la legalità e la possibilità di essere eletti. A parte, ovviamente, le ipocrite e false parole di tutta la politica calabrese che, sempre a parole, è sempre contro le mafie ed è sempre dalla parte della legalità. Anche se oggi, almeno, a differenza del passato, non vi crede più nessuno. Ma fin quando non sorgerà una nuova cultura che potrà sostituire la cultura mafiosa imperante e diffusa non sarà possibile alcun cambiamento. Ed in ogni operazione giudiziaria che verrà continueranno ad esservi sempre esponenti della politica, i quali, per la gran parte, continueranno ad essere eletti o saranno sostituiti da altri apparentemente nuovi ma sempre scelti dalle famiglie di 'ndrangheta, i veri nuovi padroni della Calabria e sempre più potenti a livello planetario, essendo la stessa 'ndrangheta ormai una grande holding internazionale con capitali immensi e sempre più diffusa in ogni angolo del pianeta.

Redazione
 

Conquista la  prima pagina dei quotidiani nazionali, come nel caso de "IlGiornale.it" e "LaRepubblica.it", la protesta dei cittadini di Amantea, popoloso comune del Tirreno cosentino, contro il trasferimento di ben 13 migranti provenienti dal Bangladesh risultati positivi al Covid19. Trasferiti da Roccella Ionica ad una struttura Cas di Amantea. Una protesta che ha registrato momenti nei quali è stato necessario anche l'intervento delle forze dell'ordine per liberare la Ss 18 bloccata dal fatto che alcuni manifestanti si erano stesi a terra per bloccarne il transito in segno di dura protesta. A guidare la manifestazione l'ex consigliere comunale Tommaso Signorelli, molto conosciuto nella cittadina tirrenica. “Amantea è sempre stata una cittadina tranquilla senza casi eclatanti di Covid. Voglio sapere chi ha dato l'autorizzazione a inviarci 13 persone affette dal Coronavirus. Qualcuno avrà dato sicuramente il consenso, per questo motivo - ha affermato Signorelli - voglio parlare con i commissari prefettizi“. E' bene ricordare che Amantea è sorretta dai Commissari Prefettizi in seguito allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose. Scioglimento decretato dal Consiglio dei Ministri. inutile negare che il trasferimento di 13 giovani migranti positivi al Covid ha suscitato forti preoccupazioni, anche se si tratta di positivi asintomatici, motivo per il quale non è stato disposto alcun ricovero. I manifestanti hanno richiesto il trasferimento immediato dei migranti in un centro più idoneo. Deve essere sottolineato anche cha la cittadina di Amantea è una cittadina costiera che vive di turismo e che, quindi, attraversa un momento di gravissima crisi economica. Suscitare allarmi e pure potrebbe ancor più disincentivare la presenza turistica estiva che rappresenta per molti l'unica attività di mantenimento economico. E sul continuo flusso di sbarchi di persone che provengono da Paesi in cui il contagio da Coronavirus è fuori controllo è intervenuta l Presidente della Regione, Jole Santelli. "Siamo stati facili profeti quando abbiamo avvertito il governo - ha affermato Jole Santelli - circa i pericoli relativi a un'immigrazione fuori controllo. Purtroppo, però, non abbiamo avuto ascolto e ora ci troviamo tutti a dover far fronte alle conseguenze di queste non scelte". In merito alla vicenda il Prefetto di Cosenza e il responsabile dei dipartimento prevenzione dell'Asp hanno assicurato che   "Da Roccella i migranti sono stati trasportati, senza alcun contatto con la popolazione di Amantea, direttamente nella struttura e da lì non sono più usciti" e che "non usciranno per tutta la quarantena, grazie a un controllo costante delle forze dell'ordine e a un monitoraggio dei medici dell'Azienda Sanitaria". 

Redazione

Sono trascorsi ben 45 anni da quando a Lamezia venne ucciso dalla 'ndrangheta il giudice Francesco Ferlaino. E, come tutti sanno, la Calabria non è la Sicilia e non è la Campania, ma è la terra dell'impunità e della repulsione verso la memoria. Infatti gli esecutori, i mandanti e le motivazioni dell'omicidio eccellente sono rimasti oscuri. Nessuno ha pagato. In perfetto stile calabrese. Nessuno fra i tanti pentiti che hanno costellato negli anni successivi la storia della 'ndrangheta ha mai fatto luce sull'omicidio. Esecutori, mandanti e motivazione ignoti. Ed anche la memoria vacilla. In pochi in Calabria conoscono la storia di un giudice irreprensibile come lo era Francesco Ferlaino. Lo stesso Palazzo di Giustizia di Catanzaro è intitolato a suo nome. A ricordarne il 45° anniversario il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Il 3 luglio del 1975, mentre stava rientrando a casa dal lavoro, il giudice Francesco Ferlaino veniva ucciso a colpi di fucile da sicari mai identificati, esponenti della malavita organizzata. Giudice autorevole e apprezzato studioso, Francesco Ferlaino, sempre impegnato negli uffici giudiziari in Calabria, ha interpretato in modo esemplare la funzione giudiziaria, al servizio della giustizia e del Paese. È necessario non disperdere la memoria di quanto accaduto e l'insegnamento professionale e umano legato a questo magistrato. Rievocare il suo assassinio  richiama il senso etico di quanti hanno saputo opporsi ai nemici della convivenza civile nel Paese, per costruire il futuro della nostra comunità secondo principi di legalità e solidarietà umana. A distanza di quarantacinque anni, desidero rinnovare i sentimenti di partecipazione e vicinanza del Paese ai suoi familiari e a quanti lo hanno stimato e che in questi lunghi anni ne hanno ricordato la passione e l’encomiabile impegno nello svolgimento dell’attività professionale”. Peccato che nessuno abbia pagato per la sua morte. Una grande ferita per lo Stato in una Regione dove lo Stato ha spesso e sovente dimostrato grandi limiti nella lotta alla criminalità, sottovalutando in alcuni casi anche volutamente e colpevolmente la ferocia, la determinazione ed il potere della 'ndrangheta, oggi l'organizzazione criminale più potente al mondo. Molto di più di quanto lo era la mafia ai tempi di Totò Riina o la Camorra ai tempi di Raffaele Cutolo.

Redazione

Che il Procuratore capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, sia oramai da anni in prima linea nella lotta alla criminalità e a quel mondo di mezzo che attraverso il radicato fenomeno della corruzione e della collusione rappresentandone la vera forza, è fuori discussione. E per tale impegno è certamente scomodo e pericoloso per chi governa il territorio con i soliti metodi della sopraffazione e della violenza. L'epoca Gratteri ha segnato in Calabria una svolta e lo dimostra l'operazione giudiziaria Rinascita Scott. Il primo e vero maxi - processo Calabria con ben 479 imputati. E sempre più alto è il rischio di attentati nei confronti dello stesso Procuratore che è sottoposto al massimo grado possibile di sorveglianza e tutela. E le minacce e gli allarmi per possibili attentati si susseguono senza sosta. Nei giorni scorsi, infatti, si è verificato l'ennesimo episodio che ne conferma l'alto rischio. Su "Il Fatto Quotidiano" è stato pubblicato un articolo nel quale si afferma che "una missiva in cui si rivolgono le minacce al procuratore Gratteri é stata fatta pervenire ai carabinieri di Lagonegro. Nella lettera si afferma che una potente cosca di 'ndrangheta avrebbe incaricato un uomo di fiducia di portare a termine il piano omicida, studiato a Limbadi ed affidato ad un killer residente a Belvedere Marittimo, in provincia di Cosenza. In merito a tale lettera sono state avviate apposite indagini per valutarne la credibilità. Si tratta comunque dell'ennesimo episodio di minacce che conferma come l'azione giudiziaria condotta da Nicola Gratteri sia sempre più osteggiata da quelle forze, più o meno occulte, che hanno tutto l'interesse affinchè nulla si muova e affinché tutto rimanga sempre immobile in un Regione consegnata alle mafie e alla corruzione.

Redazione

Il segretario regionale del CSE  - Sanità, Sebastiano Maucieri, ha inviato una lettera aperta alla Presidente della  Regione Calabria, Jole Santelli, e al Commissario Piano di Rientro, Giuseppe Cotticelli, nella quale si evidenziano le difficoltà nelle quali versa l'Asp più grande ed estesa della Calabria, quella di Cosenza. Nella lettera aperta, che pubblichiamo integralmente, si legge: "Ma chi gestisce l’ASP di Cosenza? A giudicare da quello a cui si assiste tutti i giorni non è sicuramente il neo Commissario D.ssa Simonetta Cinzia Bettelini, ma piuttosto il reincaricato Dott. Giampaolo Grippa che continua tranquillamente a dettare i tempi a tutte le attività dell’ASP, con quali risultati non è dato saperlo, ma sicuramente con enormi ritardi, come lo si può evincere dalle delibere adottate dal momento della nomina ad oggi. Infatti è noto che per la deliberazione degli atti legati alla gestione dell’ASP si passa dapprima al vaglio del Dott. Grippa il quale, come fa un buon maestro scolastico, corregge i compitini, da i giudizi ed inesorabilmente li restituisce al mittente!!! Ad oggi l’attività amministrativa più florida è quella della restituzione di centinaia di proposte di delibere alle varie UU.OO. proponenti. A questo punto ci chiediamo e chiediamo a chi di competenza: si possono rallentare in modo così evidente, senza dar conto a nessuno, le attività di una ASP così importante e vasta come l’ASP di Cosenza, solo perché un uomo calato dall’alto, non si sa da chi o per quali grandi capacità gestionali di Enti similari dimostrate nel tempo, vuole imporre il proprio dominio nell’Amministrazione dell’ASP stessa? E’ possibile che l’ASP di Cosenza venga affidata alla gestione di persone che non conoscono assolutamente la vastità del territorio da amministrare e le innumerevoli ed enormi problematiche ad esso legate? Sembra normale che dal momento dell’insediamento della nuova gestione, come verificabile dall’albo pretorio, siano state prodotte solo 29 delibere? Ma questi signori hanno minimamente idea di quante attività quotidianamente afferiscono alle competenze dell’ASP? A questo punto ci sorgono seri dubbi: che si stia mettendo in opera l’atto finale dell’ASP di Cosenza? Che questi Signori scesi dal Nord non sanno che pesci prendere e preferiscono non fare per non sbagliare? Che stiano preparando l’atto di dissesto dell’ASP di Cosenza per passarla alle competenze del Ministero dell’Economia e Finanze e così strapparla alla gestione della Regione Calabria? Ma i NOSTRI POLITICI CALABRESI DOVE SONO? Il Presidente della Giunta Regionale, tra l’altro anch’essa di Cosenza, si vuole rendere conto che questi amministratori posti alla gestione dell’ASP di Cosenza non danno alcun risultato concreto? Che non conoscono il territorio? Che non hanno la minima consapevolezza di quelle che sono le enormi esigenze sanitarie di un territorio vasto come quello dell’ASP di Cosenza? Vogliono mettersi bene in testa che l’ASP è cosa diversa da una Azienda Ospedaliera e che la stessa si governa solo se si è in grado di conoscere passo per passo il territorio che la ricomprende? Che non servono i Super Manager del Nord per gestire un’ASP? Che abbiamo tanti bravi Manager locali che potrebbero dare vere e serie risposte in materia di gestione territoriale della Sanità, senza disturbare “Le Menti” nordiche? Ed allora invitiamo le Autorità Regionali ad attivarsi affinchè possano porre fine nell’immediato a questa improduttiva gestione commissariale dell’ASP di Cosenza, decretando la revoca del Commissario Straordinario e del Direttore Amministrativo e nel contempo provvedano alla nomina del Direttore Generale o, nel frattempo, di un nuovo Commissario Straordinario, ma che in entrambi i casi possano essere scelti nell’ambito dei Manager locali, se si vuole effettivamente il bene dell’ASP di Cosenza".

IL SEGRETARIO REGIONALE CSE-SANITA’
Dott. Sebastiano Mauceri