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La Sila (dal greco ὕλη = yle, e dal latino Silva, che significa foresta, bosco) è l'altopiano più grande d'Europa che si estende per 150.000 ettari attraverso le province di Cosenza (Sila Greca e Sila Grande), Catanzaro e Crotone (Sila Piccola).


Una vera meraviglia della natura, un luogo fantastico di immensa bellezza che è anche un grande contenitore della storia. Una storia, quella della Sila, sconosciuta ai più in perfetta linea di quella tendenza soprattutto italica e calabrese di non conservare la memoria.

Si ha notizia certa dello sfruttamento e dell'utilizzo del pregiatissimo legname della Sila sin dai tempi di Dionigi di Alicarnasso.

Quando i romani sottomisero i Bruttii o Brettii la Sila divenne Ager Publicus ( demanio pubblico) della terza regione romana.

E nel periodo del grande Impero di Roma il legno della Sila venne utilizzato per costruire case e navi e per la produzione di doghe, remi, pali, per costruire e costituire la flotta navale.

Nei secoli successivi il legno della Sila venne utilizzato per costruire i solai della Basilica di San Pietro e Paolo in Roma e, da come si evince dal Liber Pontificalis di Papa Sergio II (687-701), anche per la ricostruzione della Basilica romana di San Paolo fuori le Mura.

Per le travature della tanto ammirata e conosciuta cupola della Basilica di San Pietro venne utilizzato il legname della Sila.

Sempre con gli alberi della Sila si ricostruì la Basilica romana di San Lorenzo fuori le Mura.  Un’iscrizione del basamento della Basilica Vaticana ricorda che il Papa Benedetto XII (1334/1342) per rifare il tetto della Basilica fece prelevare dalle foreste silane delle travature lunghe 33 metri.

Anche per la costruzione della bellissima e maestosa Reggia di Caserta venne utilizzato il legname della Sila mediante il trasporto di migliaia di tronchi di abete.

Ma la storia della Sila è anche legata in modo indissolubile alla grande storia di alcune famiglie baronali e latifondiste.

La famiglia di nobili origini che ebbe maggior peso da latifondista nel XIX secolo fu quella dei Barracco.

I Barracco furono una delle più importanti famiglie nobili del Regno delle Due Sicilie prima, e del Regno d'Italia poi.

Originaria del Regno di Francia ma in seguito radicata tra Cosenza, Crotone e Napoli.

Il latifondo Barracco si estendeva ininterrottamente per oltre 100 km di lunghezza, dalle vette della Sila al Mar Ionio, su una superficie di oltre 2.250 km².

Queste proprietà facevano dei Barracco i più grandi proprietari terrieri d'Italia e la famiglia più ricca del Regno delle Due Sicilie.


La famiglia Barracco con il titolo di baroni di Lattarico ed Eboli per concessione del Re Ferdinando I di Napoli vennero poi aggregati al patriziato di Cosenza, oltre che all'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, per mezzo di Maurizio Barracco nel 1592.

In seguito ad una serie innumerevole di acquisizioni di proprietà terriere nel 1849 i Barracco divennero i più ricchi proprietari terrieri della Calabria.

Il barone Alfonso Barracco, grande artefice del successo finanziario della famiglia, morì nel 1831 dopo aver sposato Emanuela Vercillo.

Gli successe Luigi Barracco (1788-1849), suo unico figlio, che sposò Maria Chiara Lucifero (discendente del barone e patriota Francesco Antonio Lucifero e cugina dello storico Armando Lucifero e del politico Falcone Lucifero, ministro della Real Casa) dal quale ebbe 12 figli, di cui quattro di loro diventeranno parlamentari.

Ancora oggi la famiglia Barracco con Mirella e Maurizio Barracco, promotori della rinomata "Fondazione Napoli Novantanove",  nata nel 1984 e da allora fucina di promozione culturale e mecenatismo, sono impegnati con tante iniziative culturali e di sviluppo anche per l'amata Sila.

Ne è un fulgido esempio la "Nave della Sila" un bel "Museo narrante dell'Emigrazione"  nell'ambito del "Parco Letterario Oldcalabria", collocato in una stalla restaurata e in frazione Camigliati.

La Nave della Sila - Museo Errante dell'Emigrazione

Un Museo "per colmare un ingiustificabile vuoto di memoria storica e civile e offrire un primo contributo a riannodare i fili della memoria collettiva" per come scrisse Mirella Stampa Barracco, Presidente della Fondazione Napoli Novantanove, nella presentazione del bellissima ed interessantissima guida "La Nave della Sila - Guida al Museo Narrante dell'Emigrazione" a cura di Gian Antonio Stella e Vito Teti e pubblicata da "Rubbettino Editore" nel 2006.

Tanto è l'amore di Maurizio e Mirella Stampa Barracco per la Sila al punto di aver scelto per il nome della figlia "Sila", e a firma di Sila Barracco è la progettazione architettonica de "La Nave della Sila - Museo narrante dell'emigrazione".

Ma l'avvincente storia del legno della Sila si intreccia in modo indissolubile anche con la storia della nobile famiglia Bilotti.

Nel 1908 si registrò a Messina e a Reggio Calabria un terremoto catastrofico che causò migliaia di morti e che distrusse le due città.

Ebbene, tre cosentini ed il legno della Sila furono i protagonisti assoluti della prima fase dei soccorsi e della susseguente fase di ricostruzione.

Evangelista Bilotti, bisnonno di Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona, Mecenate e cultore d'arte, latifondista che seppe intuire i cambiamenti dei tempi e grande imprenditore che diversificò i suoi interessi economici in tanti settori precedendo l'epoca dei grandi espropri dovuti alla riforma agraria, vinse gli appalti e fornì le due città dello Stretto del legno necessario proveniente dai boschi della Sila di sua proprietà per costruire i primi alloggi di emergenza ( baracche in legno) e poi per la ricostruzione vera e propria.

La delegazione tecnica dei soccorsi era guidata da un altro illustre cosentino del tempo, l'Ing. Vincenzo Vocaturo, bisnonno da parte materna del Mecenate Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona, che, oltre a dirigere i primi soccorsi e la prima accoglienza progettò anche la ricostruzione definitiva dei quartieri che erano stati devastati dalla furia dell'evento tellurico. Incarico che gli venne affidato direttamente dai palazzi romani e dal Ministro dei lavori pubblici dell'epoca.

Ing. Vincenzo Vocaturo ( Aiello Calabro 1874 - Cosenza 1956)

 

Inoltre Geniale Vocaturo, capitano medico e fratello di Vincenzo, fu il responsabile dell'organizzazione e della conduzione degli interventi sanitari. Anch'esso autorizzato dal Governo dell'epoca.

Mentre Evangelista Bilotti, da abile imprenditore, diede vita a molteplici attività imprenditoriali che vennero poi seguite dalla famiglia.

Dalle cartiere ai feltrifici, dalla produzione di liquirizia ai pomodori in scatola e ai laterizi. Inoltre il figlio Mario Bilotti aggiungeva a tali iniziative imprenditoriali quelli della moglie Edvige Miceli dei Baroni di Serradileo con la produzione serica ( industria cosentina in Piazza Riforma) e saponifici ( Cardamone tra Via Popilia e Via Bari) che hanno contribuito  a dare una forte impronta alla nascente civiltà industriale cittadina. 

La famiglia Bilotti possedeva in Sila vasti territori. Oltre al circondario sul Lago Ampollino, anche nelle località di Lorica, Bocca di Piazza, Colosimi e Taverna.

Migliaia di ettari dei quali una parte ancora proprità di famiglia.

I latifondi erano denominati La Poverella, Gisbarro, Caprara, Fago del Soldato, Caporose, Serra Candele, Camporotondo, Verberano e Villa Bilotta.

Altra famiglia nobiliare che lega il proprio nome alla Sila è quella dei Berlingieri.

La famiglia Berlingieri nei loro soggiorni cosentini abitavano la bella Villa Rendano che avevano acquistato direttamente dagli eredi del famoso musicista.

Ai primi del '900 il Marchese e deputato Annibale Berlingieri, coniugato con la Marchesa donna Matilde Caracciolo, acquistò dagli Arnedos, famiglia nobile di origine spagnola, il Casino di Salerni che dallo stesso Annibale venne restaurato e destinato a dimora estiva per sua moglie e i suoi quattro figli, Xenia, Pietro, Viola e Licia.

Il casino di Salerni di proprietà della Famiglia Berlingieri

La famiglia Berlingieri, grandi appassionati di arte e cultura,  anche in virtù di una oculata politica matrimoniale, detengono le loro prestigiose collezioni d'arte nelle splendide residenze come Palazzo Treves sul Canal Grande a Venezia o come la Villa Manzoni di Brusiglio ( Mi), solo per citarne alcune.

Particolare menzione merita la bellissima e sfarzosissima Villa Berlingieri a Roma in Viale Regina Margherita ad angolo con Via Nomentana nel Quartiere Nomentano.

Villa Berlingieri - Roma

 

Fu realizzata in un ampio lotto quadrangolare posto tra Viale della Regina e Via Nomentana, sui terreni di lottizzazione di Villa Patrizi.

Nel 1911 il Barone Arturo Berlingieri comprò il terreno e affidò la progettazione di una grande villa a Pio Piacentini, che fu affiancato dal giovane figlio Marcello.
 
Nel 1943 la famiglia Berlingieri possedeva ben 22.500 ettari, un latifondo immenso. Parte di tale latifondo interessava anche il territorio silano.
 
Del resto la storia della Sila ed il suo legname arrivò ovunque. Nei primi anni dell'immediato dopoguerra gli americani con il pretesto di un richiesto debito di guerra disboscarono grandi territori silani del pino laricio e con il legname ricavato e trasportato a New York costruirono i basamenti dell'erigendo quartiere di Manhattan.
 
Altre famiglie latifondiste silane furono quelle dei Collice, Cosentini, Galluccio, Giannuzzi, Savelli, Guzzolini, Firrao, Lucifero, Lupinacci, Morello e Poerio.
 
Tre grandi famiglie, i Barracco, i Bilotti e i Berlingieri legati alla Sila e al suo mondo.
 
Ed ancora oggi gli eredi hanno mantenuto un forte legame con la Sila...
 
Un legame tenuto vivo anche dal loro impegno di mecenatismo e di amore per l'arte e per il bello.
 
Le tre B e la Sila, le tre B e la passione da mecenati, 
 
Mirella Barracco, Roberto Bilotti e Marida Berlingieri,
 
Tre nomi legati alla storia della nostra terra, legati alla storia della città che un tempo era detta "L'Atene della Calabria",
 
tre nomi e tre storie che rappresentano il passato, la memoria, il presente, l'impegno da Mecenati, ed il futuro con le nuove generazioni.
 
Redazione
 
 
 
 
 









Editoriale del Direttore