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Quale è quella oscura ragione che conduce ogni affermazione, partorita non si sa da quale catastrofico pensiero, debba seminare in ogni essere vivente, in questo includo anche il regno animale e vegetale,guerra,  paura,  terrore, orrore e morte? Ecco la situazione attuale. Essa ha origini nella notte dei tempi anche se visibilmente ed individualmente ci colpisce molto da vicino da poco più di un paio di anni, il cosiddetto “tempo pandemico”, permeato e contrassegnato, molto spesso, dalle più disparate illogiche teorie dagli sciamani – scienziati di turno . La volontà precipua di annichilimento di ogni libero pensiero e di ogni pensiero critico, porta inevitabilmente a degli ingarbugliati e sottili tiranneggiamenti, per intenderci i vari acostituzionali D.P.C.M., che ad un certo Mr Robespierre avrebbero fatto un baffo. La responsabilità è di ognuno di noi, quale che sia il ruolo che rivesta nell’assetto sociale, per cui lo stato di “ivresse” in cui si precipita non può in alcun modo essere attribuito ad altri. Le dissonanze cognitive perpetrate, in barba a tutte le azioni condotte dai Nostri Padri Costituenti, sono a dir poco sconvolgenti, esasperanti e, senza alcun dubbio, lesive di ogni degna liceità del più microscopico pulviscolo dell’universo.

Un regno animale e vegetale contestualizzati nella panoramica naturale in cui l’ecosistema viene ad essere neutralizzato e sconvolto da cambiamenti climatici sbalorditivi, in cui la smania dell’essere umano resta sempre troppo esagerata rispetto agli obiettivi che si pone. I limiti, i confini entro cui debba restare, sono al momento sottaciuti, forse perché perversamente lo stesso essere umano non ne voglia affatto riconoscerne l’esistenza, privandosi ad un tempo della propria dignità e dell’essenza della stessa. Ciò che importa in un mondo di nani è dare visibilità a quell’Ego smisurato in cui celebrare le proprie insane e maniacali tossiche dipendenze, in cui anche la Cultura dei Grandi è ormai desueta o peggio ancora disconosciuta.

Gli impegni morali e civili dei pochi passano sotto un ferro da stiro in cui la piega della camicia resta eterna, quasi avulsa da ogni qualsivoglia processo riabilitativo perché essi stessi sono abiurati. Per usare un linguaggio molto à la page, in questa situazione di ipnosi collettiva, le narrazioni restano arbitrarie, confuse, asservite dal potere occulto del Dio “Quale?”, false, contraffatte e propinate verso sistemi di schiavizzazione mentale, presupponendo che di tutte le erbe si possa fare un fascio e che del “Fascio” non ne abbiamo contezza e consapevolezza. Ecco l’errore più eclatante quando ci si arroga il diritto che tutti quelli che non sono “Io”, siano completamente ciechi e sordi totali. Il fatto di sottovalutare ogni singolo attimo di questo tempo sospeso, la capacità di comprensione, di razionalizzazione, dicoscientizzazione dei pochi ha permesso ai molti di compiere atti scellerati e in nome sempre di una buona causa, non pensando che la fine di una democrazia avviene quando si ha più paura delle domande che delle risposte, Giulietto Chiesa docet. Ma, ad onor del vero, tutto ciò, è di fatto ascrivibile in quest’ipotetica manichea attuale società ? Forse per qualcuno ancora pervaso da tutto il gratuito stato terroristico in cui si trova, potrà risultare esatto, vero e condivisibile, il “dovere obbedire ad ogni costo”, anche a rischio e danno della sacrosanta salute e vita, il non mettere mai in discussione ciò che di fatto non lo è.

Alberto Manzu, il Maestro per eccellenza, dei tempi “Non è mai troppo tardi”, aveva cercato di alfabetizzare un paese, l’Italia, in cui, dopo il disastro della Seconda Grande Guerra, l’opulenza faceva i suoi primi esordi ma la mancanza d’istruzione era impellente, urgente e pesante. Così fu per un milione e mezzo di italiani, fatti salvi quelli che erano già incanalati nei percorsi di istruzione canonici. Il costante richiamo alla pedagogia montessoriana, in barba anche ai vari “processi disciplinari” a cui veniva sottoposto, diede a Manzu la possibilità di mettere in piedi con l’appuntamento quotidiano, attraverso la televisione, della sua trasmissione, la scuola popolare, ovvero la scuola del popolo.

 Certo è che da quel momento in poi di “acque sotto i ponti” ne sono passate, siamo addirittura in un altro secolo, nel XXI^, per cui non ci si dovrebbe più preoccupare se il problema dell’analfabetismo è risolto e tutti siamo tecnologicamente all’avanguardia e super eruditi!!?? Ed è proprio qui che casca l’asino…senza riferimento alcuno al povero animale, né tan poco accostarlo, come, di fatto, pochi giorni fa, un esimio rappresentante del nostro governo ha riferito, rasentando, in tempo di guerra, un incidente diplomatico di non poco conto. L’ignorare coscientemente o la presunzione del sapere attraverso il “sentito dire” senza che ci si renda conto criticamente di quello che accade con cognizione di causa, intorno a noi, è la più atroci delle sofferenze. Questo fine è giustificato dai machiavellici mezzi “governativi” a cui un popolo debba sottostare, ma non per tutti è così.

 In quest’epocale passaggio da un postumanesimo ad un transumanesimo, la parola d’obbligo resta “cambiamento”. Se questo dovrà avvenire, potrà realizzarsi solo se c’è una schopenhaueriana presa di coscienza in cui la battaglia secolarizzata tra Eros e Thanatos, finalmente volgerà verso una benevola riappacificazione del proprio Sé diverso dall’altro ma che, senza il contributo dell’altro poco o nulla resta della cosiddetta  “Umanità”. L’arrogante presupponenza di un sistema che manovra i fili dei vari burattini insipienti è finito. Di proposito non uso il verbo terminato, perché il verbo “finire” debba includere ad un tempo quella semantica intrinseca, di non ritorno a cui ognuno dovrebbe anelare. Benchè Vico, il grande filosofo, ci abbia assuefatti con “i corsi e ricorsi storici” ed in parte, ha la sua innegabile verità,  è imperativo categorico andare verso la costituzione di uno stato di diritto, di doveri e non di espansionismi mentali che conducono l’azione ormai morta di quasi tutte le istituzioni, di superate alleanze, di egotici perbenismi ed umilianti attività umanitarie benevoli,  in cui l’espressione di ogni singolo cittadino e dei molti  è solo un “pour parler” senza che siano mai ascoltati gli angoscianti sibili di una  conseguente e plausibile estrema povertà iniqua, senza precedenti e ancora di più beffeggiato nella sua più recondita conoscenza e competenza perché i “Padri Putativi”, solo essi sono detentori di verità assolute e, tra l’altro, per l’unico scopo e fine a cui ad altri è dato da presupporre e non di sapere.

Cui prodest?

 

di Ivana Ferraro


Editoriale del Direttore