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Matteo Messina Denaro, catturato dopo 30 anni di latitanza

 

Il Procuratore capo della Procura dell Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri, da esperto di dinamiche mafiose ha giustamente ribadito in un intervento in Senato presso la Sala Caduti di Nassirya che "Totò Riina era solo un violento ed ingaggio una battaglia perdente contro lo Stato. Ad approfittarne la 'ndrangheta, oggi leader mondiale del traffico di cocaina".
 
Matteo Messina Denaro aveva perfettamente compreso l'importanza del gestire i proventi illegali nell'economia seguendo il modello della 'ndrangheta.
 
Il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Catanzaro, dott. Nicola Gratteri
 
 
Molto probabilmente Cosa Nostra per il dopo Matteo Messina Denaro, per molti già avviato, si adeguerà ad un modello organizzativo orizzontale senza più un capo dei capi.
 
Ma l'elemento più importante è che già Matteo Messina Denaro il cui patrimonio è stimato dai 4 ai 5 miliardi di euro distribuiti fra uno stuolo di imprenditori prestanomi e fra questi certamente anche incensurati ed insospettabili, sembra che abbia lavorato nei suoi ben trenta anni di indisturbata latitanza per unire la 'ndrangheta e Cosa Nostra in una sola ed unica famiglia senza nessun capo ma con una struttura di più capi alla pari come un consiglio di amministrazione, riservando al vertice un ruolo di coordinamento.
 
Un tesoro immenso dove sembra si possano catalogare palazzi storici a Venezia, interessi in catene di supermercati, appalti di pali Eolici, insediamenti di campi fotovoltaici, aziende vinicole, brand e marchi di moda e tanto, tanto altro.
 
Anche lo storico pentito di mafia, Don Masino Buscetta, aveva previsto poco mesi prima della sua morte nel libro - intervista "La Mafia ha vinto" edito da Mondadori nel 1999 e scritto dal giornalista Saverio Lodato che il modello di Cosa Nostra si sarebbe trasformato in un modello capitalistico da mafia imprenditrice dedita agli affari e immergendosi sott'acqua senza fare più clamore, prendendo esempio dalla 'ndrangheta.
 
Don Masino Buscetta, il boss dei due mondi, lo storico pentito che si affidò a Giovanni Falcone nel 1984 e morì nel 2000
 
Nel processo Carminius - Fenice in corso in Piemonte emerge l'ipotesi che potrebbe essere comprovata in fase processuale di un patto voluto dallo stesso Matteo Messina Denaro con i capi della 'ndrangheta che operano nel ricco Piemonte da decenni per "lavorare insieme e diventare un'unica famiglia".
 
Il libro intervista di Saverio Lodato a Don Masino Buscetta del 1999
 
In nome del Dio Denaro Cosa Nostra non dominerebbe più ma sarebbe solo una fabbrica di profitti. L'esatto contrario della cultura mafiosa di Totò Riina e Bernardo Provenzano che non amavano il lusso o i giacconi Cucinelli da 10.000 euro o gli orologi da 35.000 euro ma consideravano il comando ed il potere molto più importante di qualsiasi cifra in denaro.
 
Questa è l'evoluzione della criminalità, delle mafie. Una potente holding unita in nome degli affari.
 
"Mai uccidere un magistrato, un giornalista, un politico, troppo rumore. Con il denaro lo compriamo e con il potere li facciamo votare e li portiamo in Parlamento" disse in una telefonata che venne intercettata qualche anno fa un potente capo di una famiglia storica di 'ndrangheta della Ionica reggina.
 
Aveva ragione. E anche la mafia siciliana ha appreso la lezione.
 
Redazione

Editoriale del Direttore