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Le motivazioni storiche, antropologiche e culturali della rassegnazione tipica di alcune aree del Mezzogiorno ha origini antiche. Le continue dominazioni, l'eterna guerra fra poveri, la naturale propensione ad essere più realisti del Re, a fare la gara per ossequiare il potente di turno sono mali atavici della nostra terra. Ma oggi, ancora una volta la terra di Calabria si trova avvolta da un fenomeno di regressione economica, culturale e sociale al quale, come sempre, non corrisponde alcuna reazione ma, come insegna l storia, la più cupa rassegnazione condita da un radicato individualismo e dalla totale assenza di una qualsiasi identità. Oggi la Calabria vive una recrudescenza di una crisi economica avviata nel lontano 2008 e che non si è mai sopita. Ed è naturale che nell'ambito di una struttura economica debole e già sofferente la crisi dovuta al Covid-19 non potrà che avere effetti dirompenti. La composizione sociale calabrese è quella di una tipica realtà assistita ed improduttiva. Su 1.800.000 abitanti reali ( i residenti sono 1.975.000 ma in molti vivono altrove conservando la residenza in Calabria per i più svariati motivi) ben 751.000 sono coloro i quali percepiscono una pensione a vario titolo, ben 107.000 sono i dipendenti pubblici e circa 80.000 i percettori del reddito di cittadinanza. Quasi un milione di calabresi si inquadra in queste tre categorie. Circa 300.000 fra minorenni e studenti. Oltre 300.000 tra disoccupati e chi il lavoro non lo cerca più. Il restante compone un tessuto di piccole imprese, partiti Iva ed imprenditori da sempre deboli e poco incisivi. Lo dimostra la irrisoria percentuale di esportazioni dei prodotti calabresi nel panorama nazionale, un 2% scarso. In tale contesto di pura assistenza si alimenta ed è oramai radicata anche nelle nuove generazioni quella cultura dell'assistenza nella quale cresce il voto di scambio, la corruzione e l'illegalità quale unico modello di vita. Quale unico sistema sociale possibile. Con la rassegnazione che mai nulla potrà cambiare. Per tutte queste motivazioni la Calabria è l'unica regione italiana dove non è mai nata una società civile degna di esser l'anticorpo con il quale ridurre il tasso di illegalità. Non è mai nata una vera cultura antimafia. Non è mai nata una vera cultura della legalità. Anzi chi combatte per la legalità è vilipeso, odiato, emarginato non dalla mafia ma dalla società. Se Peppino Impastato fosse nato in Calabria e fosse stato ucciso dalla 'ndrangheta nessuno lo avrebbe mai ricordato e nessuno ne avrebbe mai parlato. Infatti gli eroi antimafia in Calabria, nonostante vi siano stato tanti calabresi uccisi per non pagare il pizzo, o per essersi ribellati al potere criminale, non esistono. n luogo, la Calabria, dove delinquere è lecito, dove esercitare il potere politico attraverso la corruzione garantisce l'eternità politica. Garantisce il potere a vita. Dove Tangentopoli nel 1992 non ha scalfito nulla di nulla, dove a gestire sono sempre gli stessi e qualora dovesse cambiare qualche nome rimane identico il modello, il sistema del potere, del consenso del voto, dello sfruttamento e del continuo saccheggio delle risorse pubbliche. Basti accennare alla sanità, ai fondi della Comunità Europea, alla gestione dei rifiuti, e l'elenco potrebbe continuare all'infinito. Basti pensare ai privilegi consolidati dei politici, allo spreco sistematico della Regione Calabria, verto centro del malaffare da sempre, alle centinaia di opere incompiute disseminate sul territorio costate centinaia di milioni di euro che nessuno riesce a comprendere dove siano finiti. Basti pensare a come tutti i miliardi di euro che la Comunità Europea ha destinato alla Calabria nei decenni non abbiano, di fatto, costruito nulla di nulla e di duraturo. L'elenco degli sprechi, dei carrozzoni regionali, dei finanziamenti per varie iniziative poi trasformatesi in drenaggio di fondi per politici corrotti e per quella selva oscura del mondo della sottopolitica, quel "mondo di mezzo" di lecchini, portaborse e famelici che vivono solo di politica e di intrallazzi. Un "sistema", inviolabile, inscalfibile. Eterno. Ai calabresi onesti, ai giovani volenterosi, ai calabresi che nascono con le stimmate dell'onestà che in Calabria è una colpa mortale che li destina al certo fallimento rimane una sola strada: andarsene altrove dove il merito, le capacità e la volontà sono ancora delle qualità. E non rimanere in un luogo dove regna l'omertà, la violenza, la corruzione. Da sempre e per sempre. Con una Calabria, terra bellissima, ma afflitta dal suo eterno immobilismo.
Redazione

Editoriale del Direttore