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Gli ultimi dati elaborati dai recenti numeri forniti dall'Inps e dall'Istat tratteggiano in quadro economico - sociale della nostra Regione a tinte prevalentemente fosche.

Su 1.877.728 residenti ufficiali ( dati censimento Ista al 31.12.2020) ma con non più di 1.600.000 abitanti reali ( la differenza è determinata dai fuorisede, cioè quei calabresi che motivi di studio o lavoro vivono altrove ma conservano la residenza in Calabria) sono ben 189.253 i percettori del Reddito di Cittadinanza, il 12% della popolazione "reale". Una cifra altissima che stride platealmente con l'1,2% della popolazione che percepisce il Reddito di Cittadinanza in Lombardia con 9.966.992 residenti. Ma non basta. A tale dato vanno aggiunti i circa 710.000 percettori di pensione, circa il 40% della popolazione "reale", altro dato stratosferico con la percentuale più alta di pensionati in rapporto agli abitanti che è la più alta fra tutte le regioni Europee. Solo il 36% della popolazione in età lavorativa ( dai 15 ai 64 anni) detiene un lavoro "regolare". Inoltre è da sottolineare anche che il 23,4% delle famiglie, quasi una su quattro, vive in una condizione di povertà relativa. In tale contesto l'emigrazione giovanile continua a crescere e la popolazione che rimane in Calabria continua ad invecchiare. L'Istat ha previsto che entro il 2050 ( fra 29 anni) se in Calabria permane l'attuale tasso di emigrazione giovanile e l'attuale tasso di denatalità la popolazione nel 2050 sarà di 1.000.000 di abitanti per la maggioranza di soli anziani. La cronica mancanza di lavoro, l'impossibilità di nuove opportunità, l'asfissiante burocrazia, la diffusa corruzione ed una classe politica carnefice della propria terra costituiscono ostacoli insormontabili. Per una nuova Primavera sarebbe necessario sostituire con una nuova classe dirigente quella attuale costruita sul bisogno e sull'illegalità diffusa. Ma in tale contesto tale eventualità rimane solo un sogno. L'isola che non c'è. In realtà tutto rimane immobile e nulla potrà cambiare. Del resto la storia insegna che il cambiamento è prerogativa delle nuove generazioni. Nella nostra terra i giovani migliori vanno via e quindi chi potrà mai avere la forza del cambiamento. Certamente non potrà averla un popolo destinato inesorabilmente a divenire solo un popolo di anziani con i propri figli e nipoti che vivono altrove.

Gianfranco Bonofiglio


Editoriale del Direttore