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Correva il 1981. L'anno nel quale si consumò il triste primato del maggior numero di morti ammazzati nell'ambito della guerra fra clan che ha insanguinato la città Bruzia, nella prima guerra di mafia che vide contrapposti il clan Pino-Sena ed il clan Perna-Pranno che entrarono in conflitto per il controllo del territorio. Era l'anno in cui a Cosenza circolavano circa 50 auto blindate, l'anno in cui venivano sequestrati giubbotti antiproiettile superleggeri ed armi, per quel tempo, sofisticatissime, mentre il numero degli organici della Polizia di Stato era quello identico al 1965.

Ma nell'ambito di quel periodo vi fu un particolare aspetto che venne sempre sottovalutato e che, invece, delineava il peso che aveva acquisito lo stesso Pino anche mediante la costruzione di solidi rapporti criminali al di fuori dei confini della città dei Bruzi.

Memorabile fu l'arresto avvenuto a Napoli il 3 settembre del 1981 di Franco Pino, che allora aveva solo 29 anni. Con il giovane boss emergente vennero arrestati anche Osvaldo Bonanata, Giuseppe Irillo e Antonio De Rose ed i napoletani Francesco Paolo Alfieri ed il padre Salvatore, esponenti di primo piano della Nco. Al momento dell'arresto erano armati e si accingevano a partecipare ad un summit da tenere in un cascinale con personaggi importanti della Nuova Camorra Organizzata, la Nco, ideata e guidata da Don Raffaele Cutolo, che il 1981 era il capo incontrastato della Camorra napoletana con oltre 5.000 uomini pronti a tutto per il loro capo. Franco Pino, in seguito ad alcune condanne, gli venne imposto di non dimorare nelle province di Cosenza e Catanzaro e, di conseguenza, si stabilì in quel periodo a Sapri, dove soggiornava all'Hotel Vittoria.

Fra l'altro lo stesso Pino era indagato per alcune rapine compiute nel napoletano. E da pentito il boss dagli occhi di ghiaccio, in più occasioni, ha ribadito il forte rapporto fra il suo gruppo ed i camorristi di Cutolo, con i quali si era soliti accordarsi per reciproci favori. Come quelli di inviare killer da Cosenza a compiere agguati essendo facilitati per il fatto che agivano fuori casa e non erano, quindi, riconoscibili e viceversa, avere a disposizione killer della Camorra per agguati ed omicidi da compiere a Cosenza. Oltre alla possibilità di vivere periodi di latitanza con il supporto logistico ed organizzativo che la condizione di latitante esige. Era il periodo nel quale Don Raffaele Cutolo dopo essere clamorosamente e rocambolescamente evaso dal manicomio criminale di Aversa, nella sua latitanza dorata nel Castello di Ottaviano, in un summit nel quale parteciparono delegazioni della 'ndrangheta, della mafia siciliana, della Sacra Corona Unita, teorizzò l'idea del colpo di stato, sostenendo “ma perché dobbiamo mandarli noi a governare - riferendosi alla classe politica - andiamoci noi direttamente. Abbiamo un esercito di uomini e siamo pronti”.

Ovviamente tale proposta non venne accettata dalla mafia siciliana e dalla 'ndrangheta calabrese che ad uno scontro diretto con lo Stato hanno sempre preferito i taciti accordi con le parti deviate e con coloro i quali, pur rappresentando lo Stato, non disdegnava l'accettazione di compromessi ricompensati con la cessione di voti e preferenze. Ed in quel periodo la criminalità cosentina, vivendo una fase di grande trasformazione, aveva intessuto una serie di rapporti con altre consorterie criminali. Molto interessante e valido documento storico l'analisi sulla “Natura e caratteristiche della criminalità organizzata nell'area cosentina” scritta dal magistrato Ciro Saltalamacchia e pubblicata nel volume “Criminalità a Cosenza e in Provincia” a cura dell'amministrazione provinciale di Cosenza il 29 novembre 1982.

“Sono stati individuati - scriveva il magistrato nel 1982 - precisi nessi tra la malavita cosentina e la mafia siciliana, la 'ndrangheta del reggino e la camorra napoletana. Il coinvolgimento di taluni catanesi in rapine ed in una associazione a delinquere, l'arresto a Napoli di Francesco Pino, elemento di spicco della mala locale, accusato di partecipazione ad una riunione di presunti camorristi e denunziato per associazione per delinquere; l'inserimento di un altro cosentino di spicco, Mariano Muglia, in una denunzia per associazione per delinquere per la quale si procede a Messina, l'arresto a Cosenza di Ugo Ciappina, già tuta blu della storica rapina di Via Osoppo a Milano e qui implicato in un tentato furto in banca. Si è inoltre accertato il sicuro collegamento, quanto meno epistolare di un altro cosentino, Mario Lanzino, ucciso da un cecchino mentre era detenuto nel carcere di Colle Triglio, con lo stesso Raffaele Cutolo”,

Ma colui il quale ebbe un rapporto fortissimo con i clan napoletani fu Nelso Basile, alleato di Franco Pino sulla costa tirrenica. Rapporti talmente radicati da pagare con la vita la colpa di aver fatto giungere troppi napoletani sulla costa creando ingerenze criminali non gradite. E napoletani erano anche i killer che uccisero il noto penalista Silvio Sesti, omicidio eccellente di un periodo di guerra di mafia che ha fatto la storia del romanzo criminale Bruzio.


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