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E' trascorso esattamente un anno da quel momento di protesta che aveva fatto scendere in piazza tanti calabresi che si dicevano stanchi della sanità allo sfascio, stanchi della classe politica dominante.

E' trascorso del tempo rispetto all'occupazione dell'Ospedale di Cariati, rispetto alle tante manifestazioni di piazza nelle quali si arrivò anche a fare i nomi dei presunti colpevoli dello sfascio e del disastro sanitario. Sembrava che qualcosa stesse per cambiare, sembrava che lo spettacolo devastante offerto dai Pronto Soccorso piene di gente affetta dal Covid senza cure avesse svegliato le coscienze. Sembrava e nulla più. Infatti, oggi ad un anno di distanza, di quelle proteste non rimane nulla di nulla. Solo il silenzio. Solo l'ovazione e l'idolatria della classe politica dominante, della classe politica vincente che è sempre la stessa con qualche eccezione dei figli al posto dei padri e delle mogli al posto dei mariti, in perfetto stile Basso Medio Evo. Da quelle proteste non è scaturito nulla. Anzi, oggi la classe politica dominante e capace di tramandare la poltrona come se fosse un immobile, è più arrogante e più forte di prima. Il 26 gennaio 2020, prima che arrivasse il Covid, la compianta Jole Santelli vinse la campagna elettorale regionale con il 55%, da candidata della coalizione del centrodestra. Il 3 e 4 ottobre 2021, dopo la tremenda esperienza vissuta con una sanità che ha fatto discutere l'Italia ed è stata protagonista di decine e decine di trasmissioni a livello nazionale, il candidato del centrodestra, l'On. Roberto Occhiuto, ha vinto esattamente con gli stessi voti della compianta On. Santelli, il 55% circa con 450.000 su 850.000 votanti, lo stesso numero di votanti del 2020. Una elezione fotocopia. Come se nulla fosse accaduto. Ma questa è la Calabria. In tanti si lamentano dei politici. Tutti li imprecano, ne parlano male, si recano alle urne maledicendo questo e quello, poi nel segreto dell'urna con la complicità del voto di scambio e dell'amore passionale per il compare o l'amico del compare o per appartenenze varie, votano il politico del quale parlano male ogni giorno per poi uscire dall'urna e continuare a maledire la classe politica. Un comportamento tipico di una realtà di schiavi e di leccaculi verso i potenti. Di una società schiava culturalmente del potere ed incapace di qualsiasi cambiamento, anche perché, in fondo, chi vuole davvero cambiare? La società che dipinse perfettamente il grande scrittore siciliano, Giuseppe Tomasi di Lampedusa con il suo memorabile "Il Gattopardo" dove tutto cambia affinché nulla cambia. In quella filosofia siciliana del tempo si inquadra la società calabra dell'oggi. Nonostante il Covid, nonostante i morti per malasanità, nonostante la corruzione imperante, nonostante i giovani che vanno via, nonostante il lavoro che non c'è, nonostante nulla di nulla funzioni, l'importante è votare il compare, essere complice e schiavo del sistema affinché nulla cambi. E la Calabria mai cambierà. Nei secoli dei secoli. Amen.

Redazione


Editoriale del Direttore