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Fra i 28 pentiti che hanno reso dichiarazioni nell'ambito della maxioperazione "Reset" del 1° settembre dell'anno appena trascorso condotta dalla Dda di Catanzaro guidata dal Procuratore capo, dott. Nicola Gratteri, e che ha delineato i nuovi assetti della criminalità cosentina ritroviamo ancora una volta Franco Pino, il "boss dagli occhi di ghiaccio" che ha testimoniato anche in una delle udienze del processo in corso per la tragica vicenda dell'indimenticato calciatore del Cosenza, Donato Bergamini.

Nonostante non goda più di alcuna protezione essendo trascorsi più di 25 anni dalla sua scelta di collaborare con la giustizia che risale al 1995, Franco Pino continua a testimoniare in vari processi per avvenimenti spesso antecedenti al 1995.

Franco Pino ha esercitato il ruolo di capo indiscusso della mala cosentina dal 1977 al 1995.

Nell'occasione riproponiamo l'articolo di un libro che venne pubblicato nel 2020 nel quale si raccontano le confessioni dell'ex boss, passato dalla parte dello Stato.

 In molti erano i giornalisti che avrebbero voluto scrivere la storia di Franco Pino, l'indiscusso Boss di Cosenza negli anni '80 e collaboratore di giustizia oramai da ben 28 anni.

A curare un libro nel quale Franco Pino racconta in prima persona la sua storia, quella della sua vita precedente è stato Pino Nicotri, giornalista di lungo corso, corrispondente dal Veneto del quotidiano "La Repubblica", tra i fondatori de "Il Mattino di Padova" e de "La Tribuna di Treviso" e per ben 35 anni giornalista de "L'Espresso", oltre ad essere l'autore di numerosi libri - inchiesta.

Il libro è un racconto in prima persona di ben 250 pagine nelle quali Franco Pino racconta la sua vita prima di pentirsi nel 1995, quando aveva 43 anni, essendo nato nel 1952.

Un racconto avvincente di un uomo che giovanissimo, a soli 25 anni in seguito all'omicidio di Luigi Palermo detto "U Zorru" avvenuto il 14 dicembre 1977, conquista i galloni di capo.

Omicidio di Luigi Palermo detto "U Zorru"

 

Non è solo il racconto minuzioso e dettagliato dei tantissimi omicidi che insanguinarono la città durante la prima guerra di mafia nello scontro fra i gruppi che si contendevano la città, ma è anche e soprattutto il racconto degli intrecci con la politica, con il mondo degli appalti, con i partiti, con le istituzioni, con pezzi della magistratura, con collusi delle forze dell'ordine ed è soprattutto il dipinto di una città dove l'illegalità regna sovrana, dove la cultura mafiosa è la padrona, dove non esiste alcun anticorpo alle mafie, dove non vi è alcun valore dell'onestà e dell'osservanza delle leggi.

Dove lo Stato è un nemico e dove la regola è solo quella di ingraziarsi il potere per trarne sempre il massimo profitto.

In anni in cui si viveva il boom economico, dove si costruivano i palazzi, dove i soldi giravano a fiumi, dove i soldi pubblici erano destinati nella loro gran parte a tangenti e ad alimentare quel sottobosco nella quale la criminalità cresceva e prosperava, più di quanto gli stessi criminali potessero sperare.

Nel libro si racconta "il tentativo di trasformare in 1.500 miliardi di lire i quintali di carta filigrana fatti sparire dalla zecca di Stato e  - per come afferma il giornalista Pino Nicotri in una sua intervista sul libro rilasciata al quotidiano on - line blitzquotidiano.it  - conservate nei sotterranei del Vaticano". 

"Pino Franco voleva modernizzare la ndrangheta - racconta ancora Pino Nicotri nell'intervista - e che finisse l’epoca degli omicidi e delle sparatorie. Voleva si puntasse invece sugli appalti di tutti i tipi, privati e pubblici, per lucrare buone percentuali dei capitali investiti offrendo in cambio protezione e tranquillità durante la realizzazione dei lavori appaltati.

Mettendosi d’accordo con largo anticipo coi politici, progettisti, imprenditori e manager, il boss dagli occhi di ghiaccio aveva varato quella che lui chiamava “procedura paralecita”: ottenuti gli appalti, decideva a chi distribuirli sul territorio facendo in modo che venisse impiegata sempre manodopera locale, in modo che potesse “portare il pane a casa” anziché vedere arrivare operai e impiegati da altre località, magari neppure calabresi. 

Dalla narrazione di Pino Franco viene fuori uno spaccato incredibile. Allarmante". "Uno spaccato che purtroppo però - continua il giornalista Pino Nicotri - non è solo della società calabrese… Ne emerge infatti che le grandi associazioni criminali senza complicità nel resto dell’intera società non potrebbero esistere: sarebbero pesci privi dell’acqua nella quale nuotare e grazie alla quale respirare.

Il malaffare e la corruzione che sempre l’accompagna si infiltrano e si diffondono  come un cancro. Realtà sempre più confermata dalle cronache del Bel Paese.

Sotto questo profilo è divertente notare che a un certo punto il boss ha aperto e man mano ingrandito con due suoi amici la Boutique dei Fiori, diventata il suo quartier generale. 

Dalla Boutique dei Fiori partivano condanne a morte, attentati, ordini di rappresaglia, e nella Boutique dei Fiori si decidevano estorsioni, grassazioni, alleanze, guerre, tregue e i periodi di pace.

Vi arrivavano in visita “di lavoro” boss amici e nemici anche dal resto della Calabria, uomini d’onore, politici in cerca di voti e di favori mortali, imprenditori in cerca di protezione. E tra i clienti, quelli che si limitavano a comprare fiori, piante, corone di laurea, corone per funerali, e ordinare addobbi per le più svariate occasioni, feste e ricorrenze, compresi i ricchi addobbi per la visita in città di papa Wojtyla il 6 ottobre ’84, non mancavano poliziotti, carabinieri, direttori del carcere locale, militari della Finanza… Tutti trattati coi guanti gialli da ricambiare all’occorrenza con qualche favore compiacente, dalle soffiate ad altro ancora".

Processo Garden nell'aula bunker a Cosenza

 

 

"A porre fine all’epopea ndranghetista - conclude Pino Nicotri - non solo del boss dagli occhi di ghiaccio, fatto segno per tentare di ucciderlo a tre sparatorie, due delle quali mentre era in carcere, e al suo sogno di modernizzazione, sarà l’eccesso di crudeltà. Crudeltà per giunta inutile. Che convincerà più d’uno a saltare il fosso e vuotare il sacco dai magistrati per salvarsi la pelle".

E dal 1995 inizia l'epoca del pentitismo, una pagina nuova della storia del Romanzo criminale Bruzio...

Redazione


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