Header Blog Banner (2)

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel lontano 2020, in occasione dell'allora commemorazione delle Regioni nel cinquantennale delle stesse, affermò che "Le Regioni sono baluardi di democrazia e partecipazione", ma non tutti gli italiani concordano su tale definizione.

Anzi, sono sempre di più coloro i quali invece concordano con quando aveva giustamente profetizzato nel lontano 1970, l'anno in cui le Regioni vennero effettivamente costituite con le prime elezioni regionali che si tennero il 7 e 8 giugno, il leader della destra di allora, l'On. Giorgio Almirante, segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano.

Giorgio Almirante per primo in assoluto intuì e predisse la deriva negativa che avrebbero nel tempo intrapreso, divenendo luoghi di potere locale con sprechi e interessi localistici.

Vere palestre  di una classe politica famelica e cialtrona, per come poi è stato.

Giorgio Almirante si oppose con forza e determinazione alla loro istituzione parlando per ore e ore in Parlamento con la sua abilità oratoria che gli era riconosciuta persino dai suoi più acerrimi nemici politici. 

Il sistema regionale di oggi venne approvato nel 1970 con i voti in Parlamento di democristiani, socialisti, repubblicani, socialdemocratici ed anche con i voti del vecchio Pci.

Molti storici sostengono anche che l'istituzione delle Regioni fu anche un modello compensativo per il Pci che nella logica sovranazionale della Guerra Fredda che caratterizzò e condizionò la Prima Repubblica  non sarebbe mai e poi mai potuto entrare nei Palazzi del Governo romano.

Con le Regioni avrebbe potuto conquistare alcune di esse e avere la sua fetta di potere come è stato con le famosi Regioni Rosse di un tempo come l'Emilia Romagna e la Toscana.

Un Pci che aveva un peso elettorale notevole e che era il Partito comunista più votato in un Paese del Patto Atlantico e dell'Occidente.

Non per nulla il vecchio Pcus sovietico sovvenzionava con un fiume di denaro la struttura elefantiaca del vecchio partito comunista. Il famoso "oro di Mosca".

 

La Reggia di Versailles, centro di potere della monarchia francese

 

La cittadella regionale della Calabria, centro di potere degli oligarchi politici

 

Votarono contro MSI, liberali e monarchici.

Da allora ad oggi le Regioni hanno rappresentato centri di potere enormi spesso caratterizzate da gestioni allegre e da numerosissimi scandali e conseguenti inchieste giudiziarie.

Basti pensare alla nostra Regione Calabria. Fare l'elenco di quanti consiglieri regionali sono stati protagonisti di inchieste giudiziarie e di quanti hanno transitato nelle patrie galere è compito arduo e difficile.

Le Regioni sono state spesso il luogo di formazione della classe politica di oggi, una classe politica deleteria, incolta e di bassissimo livello, nata e cresciuta nelle fameliche clientele regionali basate sulla corruzione, sul voto di scambio e sui gruppi di potere costituiti dal capo e dal Cerchio magico che gli ruota intorno. 

Hanno contribuito al degrado del nostro Paese, esattamente come aveva previsto e profetizzato Giorgio Almirante.

Inoltre nelle più recenti elezioni regionali anche l'elettorato ha dimostrato di non credere più nelle istituzioni regionali.

Basti accennare che nelle elezioni regionali del 2020 e quella del 2021 in Calabria ha votato il 44% degli elettori.

Mentre nelle elezioni regionali di domenica e lunedì scorso, 12 e 13 febbraio, in Lombardia ha votato solo il 41% e nel Lazio il 37%. Nella città di Roma, la città dl potere politico, ha votato solo il 33% degli elettori. La percentuale più bassa della storia Repubblicana.

Nonostante si sia votato per due giorni.

E figuriamoci cosa accadrà se dovesse passare l'Autonomia Differenziata con la quale le Regioni amplieranno ancor più i loro poteri e saranno centri di spesa e di distribuzione di prebende e favori ancor più di quanto lo siano già oggi.

Redazione

Editoriale del Direttore