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In "The New York Times" il 17 luglio 1929 in un articolo pubblicato sulla mafia italoamericana degli anni '20 Frankie Yale veniva definito il "King of Brooklyn racketeers", il "Re della criminalità di Brooklyn", il quartiere di New York dove erano giunti migliaia e migliaia di italiani, provenienti soprattutto dalle regioni del Sud, per cambiare vita e cercare fortuna.


Anche Frankie Yale era italiano e precisamente era nato a Longobucco, ridente paesino della Sila cosentina, il 22 gennaio 1893.

Il suo vero nome era Francesco Ioele, che, per come si usava in quel tempo, nello sbarco obbligatorio a Ellis Island, l'isolotto artificiale nella baia di Hudson che dal 1892 al 1954 accolse milioni di italiani, il nome veniva americanizzato.

Francesco Ioele, in America il suo nome divenne Frankie Yale

 

E Francesco Ioele divenne Frankie Yale, così come Francesco Castiglia, altro calabrese nato a Cassano allo Ionio e emigrato in America divenne Frank Costello e Umberto Anastasio, nato a Tropea, divenne Albert Anastasia, solo per citarne alcuni che hanno fatto la storia della mafia d'oltreoceano,

Francesco Ioele arriva in America all'età di 11 anni con la madre, Isabella De Simone, l'11 aprile 1904. Con lui due fratelli, Giovanni di 14 anni e Angelo di anni 7 e tre sorelle, Maria Carmela di anni 21, Maria Cristina di anni 17 e Assunta di anni 9.  Ad aspettarli il padre Domenico Ioele che era partito per New York qualche anno prima.

Un viaggio estenuante. Da Longobucco a Napoli a da Napoli a bordo del transatlantico Montevideo a New York.

Francesco è dotato di una grande forza fisica, di una innata violenza e già da giovanissimo si fa notare per la sua scaltrezza e il suo decisionismo.

 

Nel 1912, quando aveva solo 19 anni, viene arrestato dalla Polizia di New York con l'accusa di omicidio ma venne poi prosciolto per insufficienza di prove.

Colleziona giovanissimo anche accuse di rapina, aggressione, furto aggravato, porto abusivo d'arma.

 

Il suo primo incontro che gli consentirà la scalata nel mondo criminale è con Johnny Torrio, nato in Basilicata e soprannominato "La Volpe", che gli consente di entrare nella "Five Points Gang".

Il boss Johnny Torrio che lasciò il comando ad Al Capone

 

Fra i membri della Gang anche un giovane Al Capone che divenne grande amico di Frank Yale e per il quale negli anni successivi andò a lavorare da barista all'Havard Inn, un famoso e frequentatissimo bar di Frankie Yale a Coney Island.

Nello stesso ambiente criminale mossero i loro primi passi della loro carriera malavitosa il siciliano Lucky Luciano, e i calabresi Frank Costello e Albert Anastasia.

E all'interno dell'Havard Inn il mafioso Frank Galluccio sfregiò con numerosi tagli di coltello la guancia di Al Capone, reo di aver rivolto apprezzamenti offensivi alla sorella.

Da tale evento il soprannome di Al Capone "Scarface" che significava "faccia spregiata".

Nel 1915 Jonh Torrio si trasferisce definitivamente a Chicago e Frankie Yale a soli 22 anni è il capo indiscusso della criminalità organizzata italoamericana di Brooklyn.

E in quel periodo era fortissimo lo scontro fra la malavita italoamericana e il clan degli irlandesi per il controllo delle attività del grande porto di New York e del racket estorsivo.

Nel 1919 anche Al Capone, che aveva solo 20 anni essendo si sei anni più piccolo di Frankie Yale, accusato di omicidio si trasferisce a Chicago.

Frankie in quegli anni è il capo assoluto, ama il buon cibo, il vino e fuma dei sigari che sono quello che lui stesso produce e dove sulla scatola dei sigari è riprodotta la sua immagine sorridente.

La scatola dei sigari prodotti da Frankie Yale con la sua effige

 

Gestisce anche un’agenzia di pompe funebri al 6604 14th Avenue, la stessa strada dove viveva con la sua famiglia, le due figlie Rosa e Isabella e la moglie Maria Delapia, detta Mary, dalla quale si separò nel 1927. 

Frankie Yale con la sua prima moglie, Mary e la sua prima figlia

 

Per accrescere la sua fama ed il consenso Frankie spesso soccorreva i connazionali bisognosi, soprattutto suoi corregionali calabresi, che, a frotte, giungevano nell'agognata America andando a vivere nella Little Italy di Brooklyn. 

Frequenti erano anche le donazioni gratuite a Chiese frequentate da italoamericani.


Rimase sempre legato a Jonh Torrio che era il nipote di Big Jim Colosimo, potente boss della mafia italoamericana, il cui vero nome era Giacomo Colosimo nato a Colosimi, paesino della Valle del Savuto in provincia di Cosenza, il 16 febbraio 1878. Detto "Big" anche per la sua enorme stazza e forza fisica.

Big Jim Colosimo venne ucciso a Chicago l'11 maggio 1920.

Big Jim Colosimo, calabrese nato a Colosimi (Cs)

Jonh Torrio e Big Jim Colosimo, nipote e zio,  erano entrati in conflitto su una diversa posizione sulla compravendita degli alcolici che erano divenuti oro colato per le organizzazioni criminali dopo l'entrata in vigore nel 1919 del "divieto di fabbricazione, vendita e trasporto dei liquori nocivi all'interno degli Stati Uniti", praticamente dopo l'avvio dell'epoca del proibizionismo.

Il principale sospettato dell'omicidio di Big Jim Colosimo fu proprio Frankie Yale, anche se non venne mai formalmente  accusato per la mancanza di gravi indizi.

Nel 1921 Frankie Yale, sfuggì ad un attentato che si pensa sia stato organizzato quale risposta per l'omicidio di Big Jim Colosimo.

Nel 1924 Frankie Yale giunge nuovamente a Chicago per eliminare l'irlandese Dean O'Banion, in contrasto con Jonh Torrio, dimostrando ancora una volta grande fedeltà allo stesso Torrio.

Frankie viene fermato su un treno al ritorno da Chicago ma non viene condannato. Il testimone che aveva assistito al delitto lo scagionò ritrattando le prime dichiarazioni.

Intanto Jonh Torrio, dopo un attentato dal quale ebbe gravi conseguenze di salute, abbandonerà l'America ritornando in Italia lasciando il comando di Chicago ad Al Capone, tristemente famoso per la sua crudeltà e efferratezza,

Frankie Yale venne anche nel 1923 sospettato di essere stato il mandante o l'esecutore dell'assassinio a Brooklyn dell'irlandese Bill Lovett, capo della White Hand.

Frankie dopo aver eliminato la concorrenza degli irlandesi regnava incontrastato a Brooklyn.

Ma come sempre accade nelle storie di malavita il rapporto fra Al Capone e Frankie Yale inizia ad incrinarsi per divergenze sul traffico di alcolici fra Chicago e New York.

Frankie subisce numerosi attentati dai quali esce illeso ma il 1° luglio 1928 accade l'irreparabile.

Frankie viene chiamato fuori dal suo quartier generale dove nessuno potrebbe mai attentargli la vita, l'Havard Inn, con una telefonata alquanto preoccupante sulla sua nuova compagna di vita, Lucita.

Frankie cade nella trappola e si avvia con la sua auto verso casa. Viene raggiunto da una auto più veloce dove i killer utilizzano per la prima volta un mitra Thompson.

Frank Yale, colpito a morte dai suoi sicari che non vennero mai individuati

 

Venne crivellato di colpi e in tal modo si pose l'ultima parola sulla vita terrena di Frank Yale che morì all'età di 35 anni.

Non vennero mai individuati mandanti ed esecutori anche se tutti sospettarono di una azione punitiva voluta da Al Capone.

Ma vi è anche chi sostiene che l'ordine di ucciderlo venne dal capo dei capi, Joe Masseria. I principali sospettati da esecutori dell'omicidio, furono jack McGurn e James McLain, due irlandesi.

Il funerale di Frankie Yale fu il primo ed imponente funerale di un boss organizzato alla perfezione da Anthony Casarano.

Una bara in argento di 15.000 dollari, una cifra pazzesca per l'epoca, migliaia di persone per le strade di Brooklyn, 21 auto solo per i fiori che provennero da tutti gli Stati Uniti, 103 limousine e 225 vetture private nell'interminabile corteo funebre. ( per come è visibile nella foto di copertina).

La messa venne celebrata da tre sacerdoti nella Chiesa di Santa Rosalia, frequentata dagli italomaricani di Little Italy.

Frankie è seppellito all'Holy Cross Cemetery di Brooklyn. Sulla lapide è riportato correttamente il suo vero nome, Francesco Ioele.

In molti film viene riportata la figura di Frankie, dalla serie televisiva "Gli Intoccabili", al film "Capone" di Steve Carter, solo per citarne alcuni.

Vennero scritti anche tanti libri sulla sua vita, il più famoso è il testo scritto da Michael Newton, “Iceman of Brooklyn: The Mafia Life of Frankie Yale”.

Il libro di Michael Newton sulla vita di Frankie Yale

 

Certamente, nonostante la sua breve esistenza, nella storia della mafia italoamericana del primo '900 e degli anni del proibizionismo fu una figura di primo piano e di notevole spessore.

Gianfranco Bonofiglio




 


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