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 Il Mab, Museo all'aperto Bilotti, continua la sua crescita impreziosendosi di opera in opera. Il 1° gennaio 2023, il giorno di Capodanno, in occasione del Concerto di Capodanno dell'Orchestra Sinfonica Bruzia, è stata inaugurata la scultura di Gino Severini, l'Arlecchino, allocata nell'atrio d'ingresso del Teatro Rendano.

 
 
La scultura "Arlecchino" di Gino Severini è una donazione del mecenate e cultore dell'arte Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona, figlio di Enzo Bilotti e nipote di Carlo Bilotti, fondatori del Mab. La donazione è anche opera di Romana Severini, figlia dell'artista.
 
In una dichiarazione congiunta, il mecenate Roberto Bilotti e Romana Severini, hanno inteso ringraziare "il Sindaco Franz Caruso, l'Assessore Pina Incarnato, le dirigenti cultura dott.sse Annarita Callari e Marilena Cerzoso e il dirigente arch. Giuseppe Bruno che con passione e alta professionalità hanno individuato e realizzato la collocazione e la promozione della scultura.
 
Ringraziamo, inoltre, gli sponsor, l'imprenditore Sergio Mazzuca con "Scintille" di Via Montesanto e "Donna Oro" per la base e l'allestimento". 
 

Momento dell'inaugurazione con il Sindaco di Cosenza, Franz Caruso, l'imprenditore Sergio Mazzuca, la dirigente settore cultura, Annaita Callari, ed il mecenate e studioso d'arte, Roberto Bilotti Ruggi d'Aragona
 
 
 
L'Arlecchino di Gino Severini è una scultura cubo-futurista in terracotta policroma che esprime una scomposizione del costume nelle sfaccettature frammentate tra piani e losanghe spigolose. Una forma che si moltiplica e si deforma verso l'astrazione, divenendo vibrante metafora del dinamismo e strumento di una nuova modalità percettiva.
 
L'opera scultorea "L'Arlecchino" di Gino Severini vista da diverse angolazioni
 
Negli anni '50, a Parigi, Severini ne aveva realizzato vari bozzetti a disegno e la ceramica venne realizzata successivamente dal ceramista Giò Colucci.

All’inizio del Novecento, quando la Commedia dell’Arte aveva esaurito il proprio ciclo dal punto di vista teatrale, maschere come Arlecchino cominciarono a perdere la loro specificità per divenire veicolo di messaggi differenziati.
 
Una sorta di “revival” della maschera che rende mirata la collocazione di questo soggetto al Teatro Rendano.
 
Una scissione tra la sua essenza e la sua interpretazione che oscilla tra processi di contaminazioni iconografica. In questo contesto Gino Severini e Pablo Picasso in maniera diversa utilizzarono la maschera come pretesto per la sperimentazione di nuove soluzioni formali. 
 
In Picasso il personaggio della commedia dell'arte incarna malinconia e semplicità; in Severini diventa una figurazione dalle sfumature metafisiche.

Severini in questa scultura scompone la forma in fluidità ed energia, dal dinamismo futurista al cubismo, dall’astrattismo alla simultaneità della visione.
 
Bozzetto de "L'Arlecchino" dell'artista Gino Severini
 
 
L'annullamento del canone tradizionale della verosimiglianza conduce a un corpo decostruito e rimodulato in una sintesi policentrica volta a rappresentare tutto quello che c’è, non solo quello che si vede, come se ci si girasse intorno sovrapponendo le varie vedute l'una all'altra, in una tridimensionalità di prospettive disarticolate.

Arlecchino è una figura che si lega al nostro territorio, è nei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo,  "E se Arlecchin t'invola Colombina, ridi, Pagliaccio".
 
"L'Arlecchino" di Gino Severini da ulteriore diversa angolazione
 
L'opera lirica fu rappresentata a Milano nel 1892 diretta da Toscanini e a Parigi nel 1894 con l'allestimento scenografico del montaltese Rocco Ferrari.
 
Leoncavallo fu ispirato nella composizione dell'opera verista da un delitto accaduto nel 1865 a Montalto Uffugo dove viveva da ragazzo. Aveva 15 anni, era andato a teatro con il suo tutore Gaetano Scavello che all'uscita fu accoltellato a morte per un movente passionale da un uomo vestito da pagliaccio che poco prima aveva ucciso anche la moglie.

Arlecchino è una figura nota dal medioevo in scena nelle piazze e fiere italiane e la cui origine è legata alla ritualità agricola.
 
L'Alichino dantesco ha un tratto burlesco, appare nell'Inferno come demone incaricato di ghermire i dannati, l'aspetto comico era funzionale ad esorcizzare la paura del soprannaturale e mettere in burla i poteri dei demoni.
 
La sua carriera teatrale inizia nel '500 e nel secolo successivo era in voga nelle compagnie dei comici alle corti di Mantova e di Francia e dove spesso usciva di scena e dialogava col pubblico.

Gino Severini (Cortona, 1883 – Parigi, 1966) è uno dei più importanti artisti italiani del '900 tra futurismo, cubismo e metafisica.
 
L'artista, pittore e scultire Gino Severini
 
Dal 1930 partecipa alla Biennale di Venezia, segue la quadriennale di Roma e l’Esposizione Universale di Parigi.
 
Negli anni ’50 raggiunge l’apice della sua carriera, ricevendo il Gran premio della Biennale di Venezia.
 
Le sue opere sono nei più importanti musei del mondo dal MoMa e Metropolitan di New York, al Guggenheim di Venezia, alla GAM di Torino.

Era grande amico di Umberto Boccioni nato a Reggio Calabria nel 1882. 
 
Allievi di Giacomo Balla sperimentarono insieme prima il Divisionismo, poi il Futurismo.
 
Nelle loro opere si legge la stessa passione per la modernità veloce, lampi di colori di slancio vitale. Erano con Marinetti all’inaugurazione della prima mostra futurista a Parigi nel 1912. 
 
Dal 1916 Severini abbandona il futurismo ed elabora scomposizioni e ricomposizioni cubiste, in cui spazio e tempo si fondono nel colore e nella luce elaborando la teoria del cubismo sintetico e del c.d. Cubismo psichico. Nel 1921 Severini supera la fase cubista ed elabora opere di matrice metafisica in un "ritorno al mestiere e ai valori plastici".

Alla stessa visione cubo futurista si colloca il trittico in bronzo "Danseuse", tre passi di danza: Rouelè su pointes, Fouettè e Attitude donato da Roberto Bilotti e Romana Severini e che sarà collocato sui gradoni di una delle vele di piazza Bilotti. 
 
Lo studio del movimento del corpo era centrale nella ricerca di Severini, famoso il dipinto "La ballerina in blu", dove le movenze della danzatrice divengono simbolo della dinamicità e del movimento universale. Sarà esposta vicino alla scultura del maestro Giacomo Balla "Pugno di Boccioni, omaggio all'allievo Boccioni". 
 
Espressioni futuriste che completano l'articolato itinerario tra le grandi avanguardie del '900 e che si manifestano in modo trasversale con disomogeneità espressive e fratture formali.

Altra presenza di Severini sul nostro territorio è nel Museo di Arte Contemporanea nel castello di Rende. Un'opera pittorica, studio preparatorio di dettaglio di galline per il grande pannello andato distrutto di Villa Innocenti a Frascati che esprimeva un Eden mitologico dove "Le luci fanno cantare i colori".

In una intervista Romana Severini descrive le sculture donate ai cosentini: 
 
Romana Severini, figlia di Gino Severini, e custode delle opere del Maestro
 
File audio di Romana Severini:
 
 
 
"Sono Romana Severini, la figlia minore dell'artista Gino Severini, da quasi quarant'anni curo un importante nucleo dell'archivio lasciato da mio padre, con particolare cura alle opere che escono dal suo percorso pittorico. 
 
Già nella sua epoca cubista, a Parigi, negli anni tra 1914 e 18, aveva eseguito una scultura, poi dispersa, e qualche disegno, per poi dedicarsi unicamente alla pittura. 
 
All'inizio degli anni 60, in occasione di un incontro con un fonditore di origini italiane, Mario Busato, incoraggiato da quest'ultimo, riprese questi progetti e li realizzò in quattro sculture di bronzo di piccole dimensioni, tre delle quali col soggetto "movimento di danza". 
 
Questo tema gli stava a cuore perché all'epoca ero di mestiere "ballerina di danza accademica classica". I titoli dei tre bronzi di fatti si riferiscono a dei termini legati a questa disciplina, i tre titoli "Attitude", "Relevée sur pointe", "Fouetée", titoli in francese, come da tradizione. 
 
L'esecuzione ingrandita di questi bronzi, in versione unica, che prenderanno posto nella bella Città di Cosenza sarebbe stato per mio padre un bell'epilogo al suo progetto antico, contribuendo a completare l'importante Museo all'Aperto dove le opere di artisti moderni e contemporanei fanno già da cornice al paesaggio urbano della Città che, grazie alla sua sede universitaria, può contare tra i cittadini anche docenti e studenti, interessati spettatori e consumatori di cultura. 
 
Parallelamente ai tre bronzi sono lieta dell'arrivo a Cosenza di una ceramica di mio padre, eseguita negli anni 50, con il tema l'Arlecchino, personaggio della commedia dell'arte che lo ha accompagnato lungo tutto il suo percorso artistico, tant'è che il suo ultimo quadro non terminato, ancora sul cavalletto il giorno della sua morte, s'intitola L'ultimo Arlecchino".
 
Redazione


Editoriale del Direttore