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La scultura in ferro di Amerigo Tot del 1972 "Catene Spezzate" al Vallone di Rovito in omaggio ai Fratelli Bandiera

Mentre in tanti Paesi d'Europa e soprattutto a Roma, si celebrano le opere di Amerigo Tot, scultore ed artista fra i più grandi del Novecento, a Cosenza una sua pregevole opera versa in un pietoso stato di abbandono.

Visibilmente corrosa in più aree con numerosi e conseguenziali buchi nel ferro e con parti dell'opera oramai mancanti, addirittura nell'interno della scultura si intravedono rifiuti e spazzatura di ogni tipo. Quindi, utilizzata finanche quale pattumiera.

E' doloroso dover constatare che a Cosenza, un tempo denominata "L'Atene della Calabria",  si possa giungere ad un degrado così marcato ed impressionante di una grande opera scultorea, e non solo nelle dimensioni, denominata "Catene Spezzate" e realizzata da Amerigo Tot in onore ed in ricordo dei Fratelli Attilio ed Emilio Bandiera che da Venezia vennero in Calabria per portare la libertà e che, invece, traditi da quelli che consideravano loro amici, vi trovarono la morte, ancora giovanissimi, ( Emilio il più piccolo dei due fratelli aveva solo 25 anni ed Attilio 34) per fucilazione il 25 luglio 1844.

 

"Catene Spezzate", la scultura di Amerigo Tot in memoria dei Fratelli Bandiera installata nel 1972
 
 
Infatti l'opera scultorea in ferro "Catene Spezzate" è allocata nell'Ara dei Fratelli Bandiera al Vallone di Rovito. Spiazzo alle spalle dell'Ara e al quale si giunge attraverso una apposita scalinata. Luogo abbandonato a se stesso, stracolmo di rifiuti di ogni genere. Inutile dire che l'opera è sprovvista di qualsiasi targa che ne menzioni l'autore e che ne descriva il nome e il significato.
Ben diversa la sorte delle tantissime altre opere scultoree che il grande artista Amerigo Tot ha disseminato in altre città italiane. Basti accennare al pregiatissimo e celebre fregio che impreziosisce l'ingresso principale della Stazione Termini di Roma realizzato dall'artista nel 1953.
 
Il Fregio adornativo dell'ingresso principale della Stazione Termini in Roma ad opera di Amerigo Tot nel 1953
 
Addirittura nel 2009 a Roma nel Parco delle sculture di Villa De Sanctis in occasione del centenario della nascita del grande artista ungherese è stata collocata la scultura "Cento" donata dalla città di Pécs alla Città Eterna.
In quell'occasione l'allora presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale, Federico Mollicone, affermò "E’ l’ennesima dimostrazione  del legame indissolubile che lega uno dei più importanti contemporanei di Filippo Tommaso Marinetti alla nostra città, considerata dallo stesso scultore come sua seconda patria e sede di numerosi e splendidi lavori, come ad esempio il celebre fregio della Stazione Termini".  Una iniziativa di straordinario valore, frutto della sinergia tra pubblico e istituzioni culturali prestigiose come l’Accademia d’Ungheria.

Ma chi era Amerigo Tot (1909 - 1984) il cui nome reale era Toth Imre?

Il 27 settembre del 1909 nasceva Amerigo Tot/ Tóth Imre, scultore, attore e pittore ungherese che ha vissuto soprattutto in Italia.

Nasce a Fehérvárcsurgó (Ungheria). Si diploma a Budapest all’Accademia di Arti applicate, specializzandosi in grafica. Prosegue gli studi al Bauhaus a Dessau, con maestri Klee, Kandinskij e Moholy Nagy, e quindi alla scuola di Otto Dix a Dresda.
 
Nella stessa città tiene nel 1931 la sua prima personale, presso la Galleria Brücke. Nel 1933 viene arrestato dai nazisti e internato nel campo di Zwickau. Riuscito ad evadere, giunge a Roma, dove ottiene un finanziamento dall’Ambasciata ungherese per studiare alla Reale Accademia d'Ungheria in Roma. Nel 1935 frequenta l’Accademia di Belle Arti della capitale e prosegue la sua formazione artistica. Per tre anni collabora quindi come zincografo presso la tipografia del «Messaggero».

Nel 1938 riceve il Premio per Giovani Artisti. Conosce poi Pericle Fazzini, che lo accoglie nel suo studio, e stringe amicizia con altri artisti attivi in quel momento a Roma, tra cui Mirko, Afro, Cagli. Nel 1943 prende parte alla Resistenza italiana. Conclusasi la guerra, partecipa ad alcuni concorsi e vince premi per la scultura (primo premio a Saint-Vincent 1946; primo premio a Forte dei Marmi 1948).
Dirige fino al 1952 una fabbrica di ceramiche in provincia di Salerno, prima esperienza lavorativa nel sud Italia, futuro principale campo d'azione artistico.
L'anno successivo porta a termine la sua realizzazione più celebre, ovvero il frontone della stazione di Roma Termini.
 
Fino al 1960 vive a Roma nella celebre e rinomata via Margutta, la via degli artisti.  Il laboratorio - studio di Tot diviene presto punto d'incontro per intellettuali del calibro di Carlo Levi, Giuseppe Ungaretti, Salvador Dalí ed Emilio Villa; quest’ultimo e Gino Alliata sono coloro che si sono maggiormente occupati della sua opera dal punto di vista critico. Partecipa tre volte alla Biennale di Venezia (1952, 1956, 1962).
 
Amerigo Tot nel suo laboratorio in Via Margutta, la mitica via degli artisti a Roma

Negli anni Sessanta è impegnato da una serie di realizzazioni per aziende ed edifici privati. La committenza privata gli darà buona visibilità, fama che culminerà nella proclamazione di artista dell'Anno Santo per il Vaticano nel 1975. Negli anni Settanta cresce anche la sua notorietà in ambito meridionale, soprattutto in Puglia; nella stessa regione, dal 1970, e per circa un decennio, rivestirà il ruolo di professore di Scultura all’Accademia di Belle Arti di Bari.
 
Nello stesso anno in cui comincia la carriera didattica, Tot fa anche la sua prima comparsa in un film, prima di tante future apparizioni cinematografiche (la più famosa in Il padrino parte II, pellicola in cui recita con l'amico Robert De Niro, incontrato, come altri attori e registi, in uno dei suoi frequenti soggiorni negli Stati Uniti). È apparso anche in “La moglie più bella”(1970) ed in ”Colpiscono senza pietà”(1972).
Nel 1969, il noto regista ungherese Zoltán Huszárik gli ha dedicato un cortometraggio biografico intitolato semplicemente “Amerigo Tot”.

Per quanto riguarda le collaborazioni editoriali, si ricordano quella con il connazionale conosciuto all’Accademia d’Ungheria in Roma Sándor Lénárd (Orgelbüchlein, Tipografia Editrice Italia 1949) e quella con Emilio Villa (poeta con cui Tot pianifica una serie di pubblicazioni per le Edizioni La Palma; vedrà la luce solo il primo numero Tot / otto disegni, Edizioni La Palma 1949).
 
Si segnala inoltre l’edizione illustrata dei Sonetti Lussuriosi di Pietro Aretino (Roma, Editori Associati 1964, con introduzione di Gino Alliata). Morì a Roma nel 1984. Le sue spoglie mortali riposano a Budapest, nel cimitero di Farkasreti.
A Budapest vi è un museo ed una fondazione che portano il suo nome.

La Scultura in ferro "Catena Spezzata"

La scultura venne commissionata nel lontano 1972, su iniziativa dell'allora primo cittadino Fausto Lio, in onore e in omaggio ai Fratelli Bandiera che immolarono la loro vita nel sogno dell'Unità d'Italia. E la foto che riportiamo è l'unica nella quale è raffigurato l'artista dinanzi la sua opera. Risale al 1972, l'anno in cui venne installata e consegnata all'amministraizione comunale. Una foto rarissima tratta dall'archivio fotografico a cura della Fondazione dedicata ad Amerigo Tot e dalla quale sono trascorsi nìben 50 anni. 
 
Nel 1998 fu l'allora Sindaco Giacomo Mancini a promuoverne opera di restauro.
L'artista Amerigo Tot a Cosenza nel 1972 dinanzi la sua opera in una rarissima foto
 
Da allora, e sono trascorsi ben 24 anni, versa in stato di abbandono e necessita di un nuovo ed accurato restauro essendo l'opera stessa in alcune parti corrosa dalla ruggine, con parti dell'opera di notevoli dimensioni oramai mancanti, per come è ben evidente dalle foto.
Uno stato di abbandono che se dovesse ancora prolungarsi potrebbe compromettere irrimediabilmente l'opera stessa.
 

"Catene Spezzate", scultura in ferro con chiari ed evidenti segni di corrosione e con pezzi mancanti
 
 
Particolari di corrosione evidente della scultura
 
 
A interessarsi all'opera scultorea con continui, accorati e documentati  appelli il noto cultore dell'arte Enzo Le Pera, studioso, e artefice della Galleria d'arte "Il Triangolo".  Ci si augura che chi di competenza a livello istituzionale possa intervenire al più presto.
 
Non solo restaurando l'opera scultorea ma anche recuperando e valorizzando tutto il sito nel quale l'opera è collocata anche e soprattutto per il significato storico che rappresenta. Trascurare e distruggere la memoria e la nostra storia significa anche annullare le nostre radici. Significa cadere nell'oblio. La storia merita ben altro. Senza dimenticare che la storia siamo noi.
 
Gianfranco Bonofiglio

 

 

 

 

 



 

Editoriale del Direttore