Premessa: Sono trascorsi esattamente ben trenta anni da quando venne proposta la costituzione di una lega giovanile per combattere la mafia. Proposta che venne accolta oltre che con con diffidenza ed ostilità anche con ilarità e derisione. Del resto la cultura dell'illegalità, della raccomandazione, del compare e dell'amico dell'amico imperava sovrana in una città corrotta e collusa. e non è detto che, a distanza di ben trenta anni sia cambiata molto. Inutile dire che la lega giovanile venne costituita ma, purtroppo, non ebbe lunga vita. Dopo solo sei mesi venne sciolta per il numero troppo esiguo di giovani che ne facevano parte, dato che molti si ritirarono sia consigliati dalle famiglie che dagli amici di "farsi i fatti propri" e di "non esporsi". Del resto l'omertà è un cardine importante della corruzione e della criminalità ed il detto popolare "fatti i fatti tuoi che vivi cento anni" è ancora valido e attuale.  Il potere e la corruzione vinse ancora una volta, per come è sempre stato.

Fonte: "Il Giornale di Calabria" del 23 luglio 1990


Una lega giovanile per combattere la mafia

In un recente editoriale a firma di Pino Arlacchi e Fausto Tarsitano pubblicato sull’Unità, si auspica una maggiore apertura della società civile anche a quei movimenti giovanili che lottano contro l’arroganza del potere mafioso. Oggi in Calabria appare sempre più evidente la connessione fra politica e ‘ndrangheta. È sempre più palese come la criminalità sia in stretto rapporto con le amministrazioni locali.

I documenti raccolti dalla Commissione Parlamentare Antimafia documentano che nel reggino alcuni esponenti mafiosi ricoprono cariche amministrative in comuni ad alta densità criminale. E l’asprezza della scorsa campagna elettorale induce a pensare che tale stato di fatto denunciato dal Prefetto di Reggio, Alberto Sabatino, sia solo la punta di un iceberg di enormi dimensioni. L’espandersi continuo del potere mafioso è la causa concatenante di un fenomeno di mancata volontà di sviluppo insito nei comportamenti della classe politica regionale e l’alimentarsi del fenomeno clientelare non fa altro che rendere fertile un terreno sociale che accetta passivamente il fenomeno mafioso. Una struttura sociale caratterizzata da ciò che il sociologo Nando Dalla Chiesa definisce “connivenza innocente” , quel fenomeno di accettazione passiva dell’esistenza del fenomeno criminale da parte della popolazione onesta. Infatti in Calabria non esiste, a differenza della Sicilia, una forte coscienza antimafia che si contrapponga nettamente al potere mafioso creando due blocchi sociali ben distinti e separati. Ma tale contrapposizione non esiste anche perché chi gestisce il potere è ben lungi da alimentare ed aiutare quelle iniziative tendenti a concretizzare un simile obiettivo. Da più di due anni ed in svariate occasioni un gruppo di giovani ha auspicato la costituzione di “una lega giovanile per lo sviluppo della coscienza antimafia”. L’iniziativa non è mai decollata e nessun rappresentante delle istituzioni ha mai risposto all’appello. Tutto ciò dimostra inconfutabilmente come si neghi qualsiasi spazio d’azione ai giovani e come i partiti siano più portati a colludere con la criminalità organizzata che a coadiuvare chi vuole impegnarsi per un futuro diverso. L’appello di Pino Arlacchi e Fausto Tarsitano rimarrà, molto probabilmente, un altro fra i tanti validi ed autorevoli appelli ai quali non seguono, purtroppo, fatti concreti.

Gianfranco Bonofiglio

“Il Giornale di Calabria”

29 Luglio 1990