La nota vicenda delle "Navi dei veleni" è  una "Spy Story" nella quale non manca nessun elemento per la scrittura di una interessante sceneggiatura alla base di un "film" che probabilmente potrebbe avere un buon successo di pubblico, anche perché alla inevitabile parte romanzata si può inserire anche qualche parte che potrebbe far parte di quella realtà che, a volte, supera la più fervida delle fantasie.

Vi è di tutto. Vi è la misteriosa morte di un Capitano, Natale di Grazia, uomo probo e grande servitore dello Stato, che muore per un malore mentre si recava a La Spezia per eseguire delle indagini su alcuni presunti e misteriosi affondamenti di navi che potrebbero, il condizionale è d'obbligo, avere le stive piene di bidoni contenenti rifiuti tossici.

Vi sono le dichiarazioni di un pentito di 'ndrangheta, Francesco Fonti, che in un dettagliato dossier parla dell'affondamento di tre navi dove afferma di aver partecipato direttamente. Vi è un libro autobiografico, "Io Francesco Fonti, pentito di 'ndrangheta e la mia Nave dei Veleni", scritto dallo stesso pentito e pubblicato nel 2009 da Falco Editore ( casa editrice di Cosenza). 

E vi è anche, come in tutte le spy story che si rispettano, la morte prematura del pentito di 'ndrangheta che muore nel 2012 a 64 anni nella sua abitazione in una località protetta. Sulle "Navi dei Veleni" sono stati scritti decine e decine di libri, sono stati trasmessi speciali Tv e non solo da parte di emittenti italiane, sono state aperte numerose inchieste da parte di numerose Procure.

Anche la Procura antimafia di Catanzaro guidata dal Procuratore capo, dott. Nicola Gratteri, si è interessata dalla vicenda. Tante la audizioni delle varie Commissioni Parlamentari Antimafia che sono sono succedute da una legislatura all'altra. Sono trascorsi tanti anni ma nulla di concreto e soprattutto di accertato sul piano giudiziario è mai emerso. Era il 13 dicembre 1995, quando, a pochi giorni dal suo 39° compleanno, moriva in circostanze poco chiare il Capitano di Fregata, medaglia d'oro al valor di Marina alla memoria, Natale De Grazia ed era il 14 dicembre 1990 quando in località Formiciche, frazione di Amantea ( Cs) spiaggiava in una notte dal mare mosso la nave Jolly Rosso.

La nave Jolly Rosso, spiaggiata a Formiciche, Amantea, nel 1990

Nave che venne poi smantellata, pezzo per pezzo e poi rottamata, nei mesi successivi. Sono trascorsi tantissimi anni e certamente la storia delle "Navi dei Veleni" rimarrà uno dei tanti "segreti della Storia d'Italia" con tanti dubbi e nessuna certezza. Neanche quella che le "Navi" siano realmente esistite. Una Spy Story tipicamente all'italiana e legata per la sua temporalità, anni '80 e primi anni '90) alla Prima Repubblica e al periodo di transizione fra la Prima e la Seconda.

La Jolly Rosso durante i lavori di smantellamento e rottamazione nel 1991

Nella consapevolezza che il mistero rimarrà tale per sempre con le dichiarazioni del pentito di 'ndrangheta, Francesco Fonti, vennero ritenute poco attendibili e con la probabile strategia di tutti quei poteri oscuri che, come in ogni segreto della storia d'Italia, hanno lavorato per depistare le indagini e per non far mai emergere la verità, sulla figura di Francesco Fonti riproponiamo uno dei tanti articoli scritti sull'argomento dal nostro direttore, il giornalista d'inchiesta Gianfranco Bonofiglio.

 
Il grande affare dei rifiuti tossici, chi era realmente Francesco Fonti, il pentito delle navi dei veleni

Francesco Fonti il 5 dicembre del 2012 ha lasciato la sua vita terrena colpito da un male incurabile. Negli ultimi anni della sua travagliata vita della quale gli ultimi diciotto trascorsi da collaboratore di giustizia più volte aveva asserito che erano in molti coloro che desideravano la sua dipartita. Lo scrive finanche nella sua quarta di copertina del sul libro “Io, Francesco Fonti, pentito di 'ndrangheta e la mia nave dei veleni” edito dalla “Falco Editore” nel novembre del 2009, tre anni prima della sua morte.
 
 Ma chi è stato realmente Francesco Fonti. Un vero boss della 'ndrangheta prima ed un pentito scomodo dopo, oppure un uomo che ha sempre cercato da dare di sé una visione diversa millantando credito e romanzando la sua vita cercando di farsi accreditare per quello che in realtà non era. E fra le due tesi quella che ebbe la meglio fu quella di essere considerato poco credibile.

Eppure a leggere il suo libro autobiografico non sembra poi essere del tutto inattendibile. Inoltre da quando, e precisamente dal 23 maggio, alcuni documenti coperti da segreto di Stato relativi alle indagini sulla morte di Ilaria Alpi e sul presunto traffico internazionale di rifiuti sono stati desecretati su decisione del Consiglio dei Ministri, non sembra affatto che in alcuni di questi il collaboratore di giustizia Francesco Fonti venisse ritenuto completamente inaffidabile per come poi invece è stato giudicato nell'ambito processuale.
 
 
Bidoni sospetti spiaggiati
 
Fonti collezionò, fra l'altro, anche tre condanne per calunnia nei confronti di diversi magistrati. E nelle sue dichiarazioni Francesco Fonti non risparmia nessuno. Racconta di cene romane con esponenti importanti dei servizi segreti, di incontri con importanti personaggi della Prima Repubblica, (incontri dei quali non fornisce però nessun riscontro).

Arriva a parlare anche del caso Moro. Si tratta ovviamente del periodo nel quale Francesco Fonti frequentava Roma e girava l'Italia per lungo e per largo. Si tratta degli anni '70 ed anni '80 considerando che, condannato a 50 anni di reclusione, diviene collaboratore di giustizia nel 1994, quando aveva soli 46 anni, e quando nella gerarchia 'ndranghetista aveva raggiunto il grado di “Vangelista”.
 
Francesco Fonti nasce a Bovalino il 22 febbraio 1948. “Avevo meno di vent'anni, ma nel Sud questa età è quella buona per essere affiliato”, “Venni mandato a Torino per farmi le ossa” racconta Fonti di se stesso. E nel suo libro racconta anche della sua esperienza vissuta nel cosentino, della sua permanenza a Rossano Calabro dove acquistò una villa e dove espletò l'attività di commerciante nel settore dell'arredamento, del contrasto poi risolto con Peppino Cirillo, in quel tempo boss della sibaritide.

Il racconto della sua vita prosegue con l'arresto nel 1985 nel carcere di Vibo dove Fonti conosce Franco Pino, il boss dagli occhi di ghiaccio.
 
Sempre nel 1985 Fonti nel carcere di Vibo partecipa alla veglia funebre in onore di Paolo De Stefano, ucciso nella guerra di 'ndrangheta reggina il 13 ottobre 1985. Racconta anche della sua esperienza carceraria vissuta all'interno del carcere di Via Popilia a Cosenza.
 
Del suo ingresso nella “Santa”, l'organizzazione di vertice della 'ndrangheta ai quali componenti è permesso di avere contatti con esponenti deviati dello Stato, del suo rapporto per anni con uomini dei servizi segreti, con potenti personaggi della mafia siciliana.
 
Ma la sua credibilità subisce un duro colpo quando il Ministero dell'Ambiente accerta che il relitto antistante il mare di Cetraro non è la nave “Cunsky” che, per le dichiarazioni di Fonti, venne fatta affondare con il suo carico tossico, bensì quello del Piroscafo “Catania” affondato durante l'ultima guerra.


Vi è chi pensa che la storia delle navi dei veleni sia uno di quei misteri all'italiana che tali rimarranno per sempre nonostante la desecretazione degli atti coperti dal cosiddetto segreto di Stato.
 
Una storia, quella delle navi dei veleni, sulla quale sono stati scritti fiumi e fiumi d'inchiostro, sulla quale sono stati pubblicati numerosi libri con diversa fortuna editoriale. Così come mai si saprà con certezza se Francesco Fonti raccontò da pentito una verità vera ma scomoda oppure Francesco Fonti, nel suo paese detto Ciccillo, nel suo memoriale di 49 pagine del 2003 consegnato a Enzo Macrì della Procura nazionale Antimafia nel quale si racconta delle tante navi affondate nel Mediterraneo, si avventurò nel fantasticare fatti non veri per darsi un ruolo che non ha mai avuto.
 
Anche questo rimarrà un mistero come rimarrà un mistero su cosa cercassero coloro i quali hanno saccheggiato la sua modesta abitazione assegnatagli nell'ambito del regime di protezione e collocata segretamente in un centro assistenziale di una provincia del Nord Italia pochi giorni dopo la sua morte.


Redazione