Il 22 dicembre due deputati di Forza Italia, Annarita Patriarca e Tommaso Antonio Calderone, entrambi membri della commissione giustizia, hanno annunciato una proposta di legge che prevede dai due ai cinque anni di carcere per chi pubblica atti di indagini, anche se non più coperti da segreto.


La ratio è il solito mantra: impedire la diffusione sulla stampa dei contenuti delle intercettazioni.

La notizia è stata riportata dal 'Fatto Quotidiano' il quale ha riportato che allo stato attuale è sempre ammessa la pubblicazione di atti non segreti, cioè a disposizione delle parti. Ma chi li pubblica materialmente (integrali o in parte) prima del termine dell'udienza preliminare (o al termine delle indagini preliminari) è punito all’articolo 684 del codice penale con l’arresto fino a trenta giorni o l’ammenda da 51 a 258 euro.

Forza Italia ha deciso di provarci e sostituire questa norma con una nuova: l’articolo 379-ter, “che introduce una fattispecie tipica di reato, punibile da due a cinque anni e quindi, una volta approvata la norma, nessuno potrà più pubblicare con leggerezza atti di indagine fino all’udienza preliminare, così come prescritto. Il mostro non andrà più sbattuto in prima pagina a fronte di una semplice contravvenzione”, scrivono i due deputati in una nota.

Ricordiamo che questa è solo l'ultima delle trovate per silenziare la stampa: il decreto “sulla presunzione d’innocenza” fatto approvare dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia ha già imposto pesantissime restrizioni alla comunicazione delle autorità giudiziarie.

Il decreto legislativo era stato approvato ad agosto 2020 dal Consiglio dei Ministri e aveva come obiettivo quello di recepire le disposizioni della direttiva Ue 343/2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza". 

Nei fatti però la politica con un sottile lavoro di limatura l'ha trasformato in un bavaglio soprattutto per i pubblici ministeri lasciando liberi di dire, praticamente tutto quello che ritengono opportuno, le parti private come gli avvocati difensori, gli imputati stessi o i rispettivi parenti.

Oltre ai magistrati sono stati imbavagliati anche i giornalisti che da qui a poco potrebbero vedersi aprire le porte del carcere.

È singolare il fatto che i forzisti parlino di "mostri sbattuti in prima pagina" mentre in Europa infuria la vicenda del Qatargate.

Singolare anche il fatto che con la proposta di legge i giornalisti colpevoli di aver pubblicato atti non più segreti rischino una pena superiore a quella di chi, ad esempio, è imputato di truffa, corruzione tra privati (fino a tre anni), malversazione di fondi pubblici o favoreggiamento personale (fino a quattro anni) e uguale a quella di chi partecipa a un’associazione per delinquere (cinque anni).

Tutti reati perlopiù ascrivibili a 'colletti bianchi', 'faccendieri' e 'passacarte di lusso'.

Tutte categorie che si sono ritrovate sotto l'albero altri tre regali: il ritorno dei benefici penitenziari e il disegno di legge per impedire l’uso del trojan nelle indagini nei loro confronti, senza contare l‘approvazione in Parlamento di un ordine del giorno per abolire il blocco della prescrizione del reato dopo il primo grado avanzato dal deputato Enrico Costa di Azione.
 
Fonte: antimafiaduemila.com
Articolo di Luca Grossi pubblicato il 6 gennaio 2023