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"Francamente non c'è più una ratio. Anche l'interpretazione malevola per cui queste affermazioni servono per minare il governo Meloni regge solo fino a un certo punto. Credo che siamo di fronte all'ultima traccia di un narcisismo patologico che porta Berlusconi a essere sempre al centro dell'attenzione sparando su ogni argomento.

Cosenza, comunali 2021, otto i candidati a sindaco, 29 le liste, 863 i candidati per il consiglio comunale

Sono in totale 29 le liste presentate per la tornata elettorale del 3-4 ottobre. Otto gli aspiranti sindaco della città di Cosenza e circa 900 i candidati per un posto di consigliere comunale. Numeri ridimensionati in confronto alle attese considerato che alcuni che avevano annunciato la loro candidatura a sindaco hanno preferito ritirarsi come nel caso di Marco Ambrogio. Coloro i quali si contenderanno l'ambitissima poltrona da Primo Cittadino sono Francesco Caruso, Franco Pichierri, Francesco Civitelli, Francesco De Cicco, Franz Caruso, Bianca Rende, Fabio Gallo, Valerio Formisani.  A vantare il maggior numero di liste è Francesco Caruso il candidato del centrodestra, vicesindaco uscente della Giunta a guida Mario Occhiuto. 

 
Le liste collegate con Francesco Caruso sono :
Occhiuto per Caruso visione continuità
Forza Cosenza
Fratelli d’Italia
Udc
La Cosenza che Vuoi
Coraggio Cosenza
Bella Cosenza
Lega Salvini Calabria.
 
Per Franz Caruso, candidato ufficiale del centrosinistra, tre liste:
Pd
Psi
Franz Caruso Sindaco

Tre liste anche per Bianca Rende
Tesoro Calabria con Tansi
Movimento Cinquestelle
Bianca Rende sindaca

Sei liste per Francesco De Cicco:
Francesco De Cicco Sindaco
Cosenza per il sociale con Francesco De Cicco sindaco
SìAmo Cosenza
Sette Colli
Popolo Partite Iva
Cosenza Libera
 
Cinque liste a sostegno di Francesco Civitelli:
Costruiamo il futuro
Su la testa
Un fiore per Cosenza
Civitelli Sindaco
Giovani con Civitelli Sindaco

Due liste per Franco Pichierri

Noi con l’Italia
Democrazia Cristiana

Una lista a sostegno di Valerio Formisani

Cosenza in Comune

Una lista per Fabio Gallo

Movimento Noi

Redazione

"Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare", questo proverbio è azzeccatissimo soprattutto per la politica. Infatti basti pensare che i parlamentari della Lega e quelli di Fratelli d'Italia, sull'onda populista dell'antipolitica che hanno sempre sapientemente cavalcato, hanno votato per ben quattro volte a favore della riduzione del numero degli eletti, oltre ad aver annunciato più volte la giustezza di tale scelta. Ovviamente a parole, ma quando si è giunto ai fatti, cioè al referendum che si terrà il 20 e 21 settembre dove vi è il rischio concreto che si possa giungere in caso di vittoria del "si" alla riduzione del numero dei parlamentari, hanno ben pensato di cambiare non pubblicamente ma sottobanco la propria opinione in merito. Infatti sui social moli militanti leghisti e meloniani insistono per votare "no" e mantenere il numero attuale di parlamentari. Mentre Berlusconi si è rifugiato nel classico "libertà di voto". Nella Lega ad uscire allo scoperto, cambiando la propria opinione, Claudio Borghi e Alberto Bagnai, due esponenti di primo piano del partito di Salvini, che non muovono foglia senza il consenso del "Capitano" che del partito controlla finanche il respiro dei dirigenti e dei militanti. Infatti Salvini, il Capitano, ha poi affermato che "Non siamo una caserma". E' sempre più chiaro che i parlamentari leghisti e di Fratelli d'Italia, nel segreto dell'urna voteranno per il "no". Ma il vento dell'antipolitica tira ancora forte ed i politici professionisti, quelli che vivono di politica, che sono poi il 90% dell'intera Casta politica italiana, sono ovviamente preoccupati, nonostante abbiano, teoricamente, favorito tale assunto relativo alla riduzione del numero dei parlamentari. A parole, ovviamente. Ma nel loro animo sanno bene che se dovesse passare il "si" molti di loro rischiano di di non ritornare più sulle amatissime, bramatissime e desideratissime poltrone con tutti i privilegi di potere, denaro e tanto altro che ne conseguono. Lo sforzo delle centrali del potere per creare le condizioni che possa vincere il "no" sarà enorme, ma il risultato è ancora tutto da giocare.

Redazione

La recente nomina che è poi, nei fatti, una riconferma, di Bruno Maiolo, a Direttore Generale dell'ARPAC, ha suscitato delle polemiche finanche nell'ambito della maggioranza di governo della Regione. Ad esprime la propria contrarietà il consigliere regionale della Lega, Pietro Molinaro, che non solo è Presidente della commissione Agricoltura ma da anni è impegnato nel settore con incarichi importanti e significativi. "La direzione dell’ARSAC l’azienda regionale per lo Sviluppo dell'agricoltura calabrese, aveva bisogno di un cambiamento di rotta. Ma la conferma del direttore Generale degli ultimi anni, tradisce le attese di cambiamento delle imprese agricole calabresi . Conosco bene  - afferma il consigliere Molinaro - gli effetti nefasti dell’inefficienza dell’ARSAC e anche per contribuire alla sua profonda ristrutturazione ho scelto di candidarmi alle ultime elezioni regionali. Gli elettori hanno premiato la promessa di cambiamento, ma questa nuova nomina mortifica la richiesta di una Nuova Calabria. E’ apprezzabile che la Regione ricorra a procedure di nomina fondate sulle manifestazioni di interesse, ma non ci si può limitare a chiedere i curricula, occorre rendere conto e motivare i criteri in base ai quali la scelta è stata effettuata; in questo caso valutare anche cosa era stato fatto, avendo chiara la strategia di rilancio e le innovazione tecniche/organizzative/gestionali da apportare". "Altrimenti è un rito utile - conclude il consigliere regionale leghista -  per scelte già fatte a priori. Spesso i candidati non mandano i propri Curriculum, sapendo di essere comunque destinati a una umiliante bocciatura: questo non possiamo più permettercelo! Forse a chi vuole farla da padrone giocando un ruolo dominante nel sistema non interessa l'agroalimentare calabrese, i costi (rilevanti) tutti a carico del bilancio Regionale, i servizi (non resi) agli agricoltori, la valutazione degli atti pieni di insuccessi che sono stati compiuti, le capacità manageriali dimostrate. Esce ridimensionata all'appello e al contrappello la stessa ARSAC. Insomma una decisione, ritengo, che non contribuisce alla competitività dell’agroalimentare calabrese.

 
Redazione

Editoriale del Direttore