Certo, ha aggiunto il segretario del Pd, sono approdi “autoritari, regressivi e intollerabili per noi, illiberali e xenofobi”. “Ma sono approdi, forme cui aggrapparsi”, è l'analisi del leader dem, “simboli identitari e sicurezze ideologiche” che danno forza e sostanza ai singoli e alla collettività". “Salvini è il migliore a raccontare e rappresentare i problemi” ma è anche “il peggiore a risolverli”, ha chiosato subito dopo.
Di più: “È un tifone di bugie raccontate con un sorriso”. Da qui l’autocritica, perché di fronte a questo enorme macigno “il centrosinistra non è stato in grado di fare altrettanto sulla base di un suo rinnovamento ideale, programmatico e identitario”, ha scritto ancora Zingaretti, che nell’analizzare questa dispersione di forze e di intenti ammette che per arrivare a questo punto “ci abbiamo messo anche qualcosa di nostro”.
In particolare ha lamentato “una storia di conflitti, separazioni, di chiusure e a volte di egoismi”, l’essersi chiusi a riccio “nel proprio io”, nelle proprie certezze. “Solo nel campo democratico è stata così forte la spinta a difender e le proprie posizioni in modo assertivo e solitario”, ha accusato. Di qui la necessità di una rifondazione del Pd: “Non si tratta di cambiare qualche regola ma di una scelta politica di fondo”, ha avvertito Zingaretti, "ma di “cambiare davvero tutto per dare alla democrazia italiana un soggetto plurale ricco e partecipato della politica” secondo i principi di“ricostruire una comunità aperta”.
Fonte: affaritaliani.it